Dopo il successo del ciclo di romanzi de “L’amica geniale” e delle relative serie Tv andate in onda su Rai 1, nel novembre scorso, la scrittrice Elena Ferrante è tornata in libreria , sempre edita da E/O , con “La vita bugiarda degli adulti”, storia di Giovanna e del suo passaggio dall’infanzia all’adolescenza nella Napoli degli anni Novanta. Una percorso di formazione, in cui la protagonista prende coscienza di sé e della propria personalità, scoprendo le sue radici e smascherando le ipocrisie degli adulti. Un altro best seller, insomma, quello della nostra scrittrice dall’identità misteriosa, già destinato ad essere trasposto nel soggetto di una serie Tv, prodotta da Fandango ,in collaborazione con Netflix e , forse, anche ad avere un seguito.
di Federica Marengo sabato 30 maggio 2020
Lasciate “Lena” e “Lenù”, eroine della saga de: “L’amica geniale”, Elena Ferrante, la scrittrice dall’identità mai rivelata sin dall’esordio nel 1992 con “L’amore molesto”, è tornata in libreria nel novembre scorso con il romanzo: “La vita bugiarda degli adulti”, edito, come i suoi precedenti successi, da E/O. Stavolta, però, il racconto non è scandito dall’intreccio delle vicende occorse a due protagoniste, ma ad una soltanto: Giovanna, una quattordicenne della media-borghesia napoletana, in balia dei turbamenti adolescenziali, che , nel pieno degli anni Novanta, scopre se stessa e la propria personalità, smascherando le ipocrisie dei suoi genitori.
A fare da sfondo all’intreccio della trama, come nei passati best seller, Napoli, nella doppia veste di città signorile e plebea a un tempo, con i suoi quartieri “alti”, abitati da professionisti e imprenditori, e con i suoi rioni, popolati da operai o al più da impiegati.
Giovanna, infatti, oscillerà per il tutto il romanzo tra il Vomero Alto, dove risiede con i genitori, entrambi insegnanti, il Centro storico e la Zona industriale , aree situate nella parte bassa della città, recandosi nelle quali ha modo di conoscere la zia Vittoria, la sorella del padre, per anni rimossa dalla memoria di quest’ultimo.
Il racconto, fatto in prima persona dall’adolescente, prende le mosse da un episodio accaduto in casa un paio d’anni prima, quando aveva dodici anni. Il padre, appreso dalla madre del suo rendimento scolastico divenuto improvvisamente scarso, aveva manifestato alla moglie il timore che la figlia potesse diventare come sua sorella Vittoria,ovvero una donna brutta, poco istruita e cattiva, cui, peraltro già sembrava assomigliare fisicamente.
E’ a partire da quel momento, dunque, che Giovanna comincia a prendere coscienza di sé e a interrogarsi sul suo aspetto e su chi fosse la zia, che il padre, così come gli altri suoi familiari, con i quali aveva interrotto ogni rapporto, aveva sempre tenuto a lei celata, al contrario della madre, di cui conosceva i genitori e il fratello, tutti risiedente nella zona Museo.
Così, un giorno, incuriositasi, l’adolescente decide di aprire di nascosto un cofanetto metallico nel quale i genitori tengono una serie di fotografie appartenenti al periodo antecedente alla loro conoscenza e tra queste trova una istantanea con un volto cancellato mediante un tratto di penna, di cui riesce poi con fatica e , con qualche suggestione di troppo, a ricostruire qualche particolare : il naso, forse simile al suo e troppo lungo, quasi convergente con il mento.
Quindi, il confronto con la madre, cui rivela da subito la volontà di conoscere Vittoria e poi, con il padre, che ,dopo averla messa in guardia dalla presunta grettezza, volgarità e cattiveria della zia, invidiosa di lui poiché cameriera con a malapena la licenza elementare , e , come se non bastasse, amante di un uomo spostato con tre figli, acconsente a che lei le telefoni per andarla a trovare.
Accompagnata dal padre fin sotto casa, Giovanna incontra finalmente Vittoria, donna brusca, con cui però instaura immediatamente un rapporto speciale, al punto che la donna le rivela in modo inconsapevole di un braccialetto regalote appena nata ,ma che i genitori non le avevano mai consegnato.
Al termine della prima visita alla zia, l’adolescente è sconvolta da quella conoscenza che le ha rivelato verità inedite sul conto del padre, professore universitario di filosofia, quali : le sue radici popolari e la prepotenza con cui aveva cercato di separare la zia dal suo amante, Enzo, un Carabiniere poi deceduto prematuramente.
Al primo incontro, segue quindi la volontà di Giovanna di non rivedere più Vittoria, proposito cui però non terrà fede, infatti, fissato un secondo appuntamento, si recherà con lei al cimitero per “conoscere” il suo compianto amore. Qui, sulla tomba dell’amante, l’adolescente rimane fortemente impressionata dal racconto della donna di quella relazione così travolgente e della malvagità e dell’egoismo con cui, il fratello, suo padre, aveva tentato di dissuadere l’amato dal continuare a frequentarla, e di come , all’indomani della morte dell’uomo, fosse divenuta amica della moglie di quest’ultimo ,Margherita, e quasi una seconda madre per i suoi figli.
Molteplici, saranno poi gli appuntamenti con la zia, durante i quali la quattordicenne avrà modo di conoscere la famiglia “speciale”di Vittoria, in particolare i figli del suo amante e alcuni amici di questi ultimi.
Attraverso tali conoscenze e il confronto con questi ragazzi, Giovanna inizierà a guardare con occhi diversi i suoi genitori e a notare particolari mai emersi, fino a scoprire la relazione extraconiugale e decennale del padre con Costanza,la moglie del suo migliore amico Mariano, e del corteggiamento di quest’ultimo nei confronti di sua madre.
Di lì, l’interruzione dell’amicizia con Angela e Ida, le figlie della coppia e una ribellione che la porterà ad allontanarsi dallo studio e ad essere rimandata al primo anno di Ginnasio, prorpio in concomitanza con la separazione dei genitori,ormai stanchi della loro falso menage coniugale.
Quindi, a seguito di approcci con alcuni ragazzi, la scoperta tormentata della sua femminilità e sessualità e l’innamoramento per Roberto, fidanzato, prossimo al matrimonio, della figlia dell’amante della zia , Giuliana, sua amica, assistente universitario di filosofia alle prime armi, affrancatosi dalla periferia partenopea e trasferitosi a Milano.
Sarà proprio lui, un amore non corrisposto, a farle ritrovare, a seguito di un viaggio nel capoluogo lombardo, rivelatosi deludente, la via dello studio e a farle acquisire maggiore consapevolezza di sé, seppur nel dolore di un amore impossibile, soffocato ,nel finale del racconto, tra le braccia di uno spasimante occasionale.
Nel romanzo, in cui non mancano situazioni descritte con un linguaggio aspro, a tratti crudo, ma sempre funzionale alla suggestione narrativa che la scrittrice vuole creare e dunque mai pretestuoso, si possono scorgere gli echi di un altro celebre romanzo di formazione : “L’isola di Arturo” di Elsa Morante, vincitore nel 1957 del Premio Strega.
Nel romanzo in questione, il protagonista è anch’esso un pre-adolescente, che, orfano di madre, scoperta con delusione la figura oscura del padre detenuto e , passato attraverso l’innamoramento infelice per la matrigna poco più grande di lui, inizia a conoscere se stesso e a mettere da parte la credulità bambina e l’esaltazione della figura paterna, decidendo quindi di allontanarsi dal luogo natio, l’isola di Procida, per arruolarsi come soldato nella Seconda Guerra Mondiale, desideroso di dimenticare, ma soprattutto di cominciare a vivere la sua vita.
Insomma, se ci venisse chiesto di descrivere con una citazione entrambi i romanzi, noi ricorreremmo di certo a questa del poeta e scrittore Alden Nowlan : “Il giorno in cui il bambino si rende conto che tutti gli adulti sono imperfetti, diventa un adolescente; il giorno in cui li perdona , diventa un adulto; il giorno in cui perdona se stesso, diventa saggio”.
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