Continuando il nostro tour estivo lungo il decumano inferiore del Centro storico di Napoli, dopo aver ammirato la maestosa statua del dio Nilo, nell’omonima piazzetta , e aver scoperto i tesori artistici della chiesa di Sant’Angelo, all’incrocio tra piazza San Domenico Maggiore e via Mezzocannone, percorsa via San Biagio dei Librai, ci siamo imbattuti in un altro edificio religioso ricco di opere d’arte, scoprendo un ulteriore tassello del mosaico che compone la storia della città.
di Federica Marengo domenica 8 settembre 2019
Sebbene l’estate stia ormai volgendo al termine e i colori accesi del cielo e del mare che connotano Napoli in questa stagione vadano via via affievolendosi, come se il velo della malinconia d’autunno vi si stendesse su, continuiamo il nostro tour lungo il decumano inferiore del Centro storico della città.
Quindi, usciti dalla chiesa di Sant’Angelo, superata piazzetta Nilo, ci inoltriamo in Via San Biagio dei Librai, la parte centrale del decumano, che deve il suo nome, parte alla Corporazione dei Librai, che via aveva sede (tra questi, il libraio più celebre era il padre del filosofo Gianbattista Vico), parte alla presenza di una chiesa del XVII° secolo intitolata a San Biagio ( chiusa dal 1980), nella quale erano presenti le reliquie del santo (il cranio), portate in città da alcune monache armene rifugiatesi a Napoli al tempo delle Crociate contro i musulmani e trasferite poi presso il monastero intitolato a San Gregorio che da esse prese il nome di : “Monastero di San Gregorio Armeno”, mentre un busto, sempre di San Biagio, fu esposto nella chiesa dei Santi Filippo e Giacomo o chiesa dell’Arte della Seta. Ed è proprio in questa che ci imbattiamo, decidendo di entrarvi, non senza prima scoprire qualcosa di più riguardo alla storia dell’edificio, grazie al dettagliato racconto di una guida che troviamo all’ingresso.
Nel 1477, in piena epoca aragonese, nella città partenopea,venne istituita ufficialmente l’Arte della Seta, ovvero Napoli divenne il primo polo, insieme con Catanzaro, destinato alla produzione e lavorazione del prezioso tessuto, attività che divenne il traino dell’economia del regno dalla seconda metà del XVI° secolo fino al XVIII°.
Perciò, la Corporazione dell’Arte della Seta, costituita da mercanti, tessitori e tintori, eresse per la sua comunità una chiesa (la chiesa dell’Arte della Seta) dedicata ai Santi Filippo e Giacomo, in zona Mercato, divenuta, sul finire del Cinquecento, troppo angusta per le esigenze della congrega nella quale veniva ospitato un conservatorio per l’educazione delle figlie dei setaioli/ tessitori poveri o ammalati, eretto nel 1582.
Allora, nel 1593, grazie al sostegno di re Alfonso d’Aragona, fu fondata dalla stessa Corporazione e dai mercanti della zona la chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, in origine il palazzo del Principe Gaetani di Caserta, cui i tessitori , divenuti ormai potenti e facoltosi, fecero annettere le chiese di Santa Maria delle Vergini e di San Silvestro e all’interno della quale istituirono un Tribunale con funzione civile e penale su coloro che lavoravano la seta.
L’aspetto attuale dell’edificio risale però agli anni compresi fra il 1723 e il 1758, quando la chiesa fu ricostruita e decorata, sotto la direzione dell’architetto Gennaro Papa, con stucchi, marmi e dipinti.
Della struttura precedente, resta soltanto l’altare maggiore in legno, realizzato da Marco Antonio Tibaldi e un trono episcopale intagliato e abbellito con i simboli dell’Arte della Seta, conservati, il primo, in sacrestia e il secondo , in locali attigui alla chiesa.
La facciata, come ci appare oggi, leggermente arretrata rispetto alla strada, tinteggiata di giallo ocra e decorata con cornici e stucchi grigio-bianchi, è suddivisa in due ordini sovrapposti, in stile ionico e corinzio, ciascuno con due nicchie.
La sezione in basso, presenta due sculture di Giuseppe Sanmartino, (autore anche del Cristo Velato visitabile presso la Cappella Sansevero) raffiguranti San Giacomo e San Filippo, mentre quella in alto accoglie due statue rappresentanti la Religione e la Fede, realizatte da un allievo di Sanmartino, Giuseppe Picano.
Entrati all’interno dell’edificio, un’aula a navata unica, scandita da quattro cappelle abbellite con sculture lignee , priva di transetto e con uno spazio absidale coperto da una cupola, come stabilito dai dettami controriformisti, scorgiamo il pavimento in cotto maiolicato risalente al 1738 e attribuito a Donato Massa, decorato con un disegno geometrico al centro del quale si apre lo stemma della Corporazione della Seta.
Spostandoci poi nella zona della volta, vediamo degli affreschi settecenteschi , opera di Jacopo Cestaro, databili fra il 1757 e il 1759, rappresentanti
l’Assunzione della Vergine , i quali abbelliscono anche le pareti, nella cantoria (la zona riservata al coro), invece, dipinti di Alessio d’Elia e, nell’area della tribuna, alcune tele in cui sono rappresentati “San Filippo che infrange gli idoli” e il “Martirio di San Giacomo” .
Attirano, poi, la nostra attenzione, le due acquasantiere in stile Rococò, risalenti al 1758-1759 ed realizzate da Giacomo Massotti, autore anche della balaustra.
Inoltre, la guida che ci ha accompagnato nella nostra visita tra i dipinti e le architetture dell’edificio, ci ha informato che la chiesa nasconde in sé una zona archeologica, scoperta qualche anno fa al di sotto della struttura, (proprio in corrispondenza della parte di pavimento maiolicato recante lo stemma borbonico con i gigli), da una squadra di giovani archeologi dell’associazione “Respirare Arte” e costituita da un tratto di muro in opus reticulatum (probabilmente, resti di una domus di epoca romana) e da un ipogeo con un altare.
Usciti dalla chiesa dei Santi Filippo e Giacomo,per proseguire il nostro tour, non possiamo fare a meno di fermarci davanti alle vetrine di uno dei tanti negozi che vendono presepi non solo nel periodo natalizio, ma durante tutto l’anno. Un’arte antica, quella presepiale, capace di rinnovarsi e di intrecciare tradizione e innovazione, non senza un tocco di originalità. Quindi, lo ammettiamo: siamo stati tentati anche noi dalle statuette raffiguranti le celebrità e i personaggi famosi dell’anno, realizzate dagli artigiani di una storica bottega di Via San Gregorio Armeno, uno dei cardini che collega perpendicolarmente il decumano maggiore (Via dei Tribunali) a quello inferiore (Spaccanapoli), laddove, in epoca greco-romana sorgeva l’agorà, la piazza principale di Neapolis.
Qui, dietro una bancarella che espone Natività, vediamo un complesso monumentale : quello del Convento di San Gregorio Armeno e della chiesa omonima, conosciuta anche come: chiesa di San Patrizia. Ecco, dunque, la nostra prossima tappa.
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