Restaurati dal gruppo di lavoro del Laboratorio del Parco Archeologico di Pompei, capitanato dal direttore Massimo Osanna, al suo secondo mandato, 140 piccoli oggetti, per lo più amuleti, ambre e cristalli , rinvenuti all’interno di un contenitore di legno ritrovato nella cucina della Casa del Giardino, nella Regio V, settore della necropoli, oggetto di alcuni lavori di messa in sicurezza, nell’ambito del Progetto Pompei. Appartenenti, forse a una domestica o a una schiava, dai poteri taumaturgici o dalle doti magiche, usate per propiziare i matrimoni, la fertilità e il felice esito dei parti, i monili potranno essere ammirati in una mostra, che si propone come seguito di “Vanity”, l’esposizione di gioielli provenienti dalle Cicladi e da siti campani, da poco conclusasi.
di Federica Marengo sabato 24 agosto 2019
Se credete che portafortuna ed oggetti scaramantici appartengano soltanto alle epoche più recenti, be’, dovete ricredervi. Sì ,perché il team degli archeologi del Parco di Pompei, guidato dal direttore, Massimo Osanna, al suo secondo mandato, ha scoperto che anche i pompeiani/romani del I secolo d.C, amavano collezionarne. Infatti, nel vano di servizio (corrispondente alla nostra cucina) della Casa del Giardino, nell’area della Regio V , sono stati rinvenuti alcuni mesi fa dei monili, riposti all’interno di un contenitore di legno, consunto dai secoli, di cui restano visibili, nella cenere indurita, il calco e le cerniere in bronzo. Si tratta di una vera e propri raccolta di amuleti, un corredo femminile composto da : ambre , cristalli , bottoni in osso, due specchi , delicate faience provenienti dal Mediterraneo orientale, gemme a forma di scarabeo , pugni chiusi, teschi, falli apotropaici, pigne , spighe, denti di capra e cane, frutto di una contaminazione tra religione italica e innesti egizi.
Non gioielli, dunque, sebbene vi siano delle perline, forse i resti di una collana, ma oggetti propiziatori , utilizzati con tutta probabilità nel corso di riti legati all’amore, alla fertilità , al parto, all’erotismo o per assicurarsi la buona sorte, appartenenti, visto l’ambiente in cui sono stati trovati, a una domestica o a una schiava, dotata di poteri taumaturgici , anche se questo dato non è stato ancora chiarito.
La domus nella quale sono stati rinvenuti, era già stata già al centro delle cronache un anno fa per il ritrovamento di un’iscrizione al carboncino che posticipa la data storica dell’eruzione del Vesuvio dal 24 agosto del 79 d.C. al sedicesimo giorno delle calende di novembre, ovvero al 17 ottobre e per la presenza nell’atrio dei resti di dieci corpi di donne e bambini, probabilmente un’intera famiglia, compresi gli schiavi di servizio, che abitavano in quella casa e che furono sorpresi dalla furia dell’eruzione, mentre il padrone a altri uomini erano andati in avanscoperta per cercare aiuto, morendo così, a pochi metri dalla porta della casa, dove, infatti, sono stati ritrovati. Allo studio , tramite esame del Dna, prelevato dai resti , i presunti legami di parentela tra le vittime, per far luce sulla composizione del nucleo familiare e cercare di ricostruirne la storia.
I monili, non in linea con lo stile e la moda romana dell’epoca seguita dalle giovani signore benestanti ,non presentano inserti o componenti in oro, ma recano incise storie affascinanti, particolare che accrediterebbe la tesi dell’appartenenza degli oggetti a una domestica o a una schiava, alla quale le donne della casa si affidavano nella quotidianità, come nei momenti più delicati dell’esistenza, per la sua capacità di attirare il bene e tenere lontana la cattiva sorte.
Ipotesi plausibile, quest’ultima, anche perché sulla parete di una delle stanze di rappresentanza della domus è visibile un ritratto ben conservato di una giovane donna , forse la proprietaria dell’abitazione, che sfoggia ai lobi raffinati orecchini di brillanti.
Le ambre, poi, una delle quali a forma di spiga, potrebbero provenire dalle regioni baltiche , essendo abitudine della Roma di età imperiale (siamo nell’epoca dell’imperatore Vespasiano) importare merci pregiate da terre lontane.
“L’intervento ha provveduto alla ripulitura dei sedimenti e del terriccio di scavo , oltre che al consolidamento dei diversi materiali. Alcuni manufatti, come l’ametista con figura femminile , la figura di Arpocrate o le paste vitree, una delle quali riproduce un satiro danzante , l’altra la testa di Dioniso, sono di raffinata manifattura”, hanno spiegato ai cronisti de La Repubblica, le esperte del Laboratorio di Restauro del Parco archeologico di Pompei: Ludovica Alesse, Francesca Leolini ed Elisa Pucci, mentre Osanna ha annunciato che i curiosi oggetti saranno esposti a breve, insieme con altri gioielli pompeiani, in una mostra, seguito di “Vanity”, l’esposizione da poco conclusasi di gioielli che ha messo a confronto lo stile dei preziosi provenienti dalle Cicladi con quello dei gioielli elaborati nell’area campana.
“E’ un bellissimo esempio di cose legate al mondo femminile e alla sua quotidianità. E sono straordinarie perché raccontano microstorie , biografie degli abitanti della città che tentarono di sfuggire all’eruzione”, ha chiosato il Direttore Osanna.
Per saperne di più , però, dovremo attendere, lo studio è appena cominciato.
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