di Federica Marengo mercoledì 31 gennaio 2024
-Nella 117° giornata di guerra in Medio Oriente, l’esercito israeliano ha proseguito i suoi attacchi mirati sul territorio della Striscia tra Gaza e la città meridionale di Khan Younis: iniziando ad allagare i tunnel di Hamas, compiendo un blitz nell’ospedale di Jenin e distruggendo una fabbrica di armi della jihad, operazioni che hanno portato all’uccisione di 15 miliziani di Hamas e alla distruzione di due battaglioni del gruppo terroristico.
Proseguiti, poi, anche gli attacchi e gli scambi di razzi tra l’esercito di Israele e gli Hezbollah, tra Libano e Alta Galilea, i quali hanno comunicato la sospensione dei raid in Iraq contro le truppe USA.
Riguardo all’attacco alla base militare in Giordania di alcuni giorni fa da parte del Kataib Hezbollah iracheno , sostenuto dall’Iran, in cui sono rimasti uccisi tre soldati USA, il portavoce del Consiglio per la sicurezza americana, Kirby, in un briefing con la stampa, ha confermato che “L’autore dell’attacco contro i soldati americani in Giordania è il gruppo “Resistenza islamica in Iraq”. Si tratta di un gruppo “sostenuto dall’Iran”.
Al Presidente USA Biden, che ha dichiarato di avere la risposta nei confronti dell’Iran per tale attacco, l’ambasciatore iraniano all’Onu, Saeed Iravani, ha replicato: “Risponderemo con decisione a qualsiasi attacco all’Iran” “È la politica fondamentale di Teheran rispondere con forza ai nemici nel caso in cui prendano di mira il Paese, i suoi interessi e i suoi cittadini al di fuori dei confini nazionali”.
Intanto, mentre il ministero della Salute di Hamas, ha aggiornato i dati sulle vittime del conflitto, arrivate a 26.900, i responsabili di diversi organismi delle Nazioni Unite, tornando sulla sospensione dei fondi all’UNRWA da parte di USA, Canada, Australia, Italia, Regno Unito, Finlandia, Paesi Bassi, Germania, Giappone e Austria , in una dichiarazione congiunta , hanno sottolineato: “Tagliare i finanziamenti all’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) avrà conseguenze catastrofiche” per Gaza”.
Il direttore del programma per le emergenze sanitarie dell’Organizzazione mondiale della sanità, Michael Ryan, invece, ha dichiarato: “La popolazione di Gaza “sta morendo di fame. Questa è una popolazione che sta morendo di fame . Questa è una popolazione che è spinta sull’orlo del baratro”.
Nel rapporto della Conferenza delle nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo ,invece, si legge che: “La metà degli edifici della Striscia di Gaza sono danneggiati e il territorio palestinese è “inabitabile” dopo quattro mesi di guerra di Israele contro il movimento islamico Hamas. Ci vorranno decine di miliardi di dollari per rendere nuovamente vivibile l’enclave”.
Infine, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia ha affermato che “La più grande preoccupazione su Gaza riguarda i circa 19.000 bambini rimasti orfani o soli senza alcun adulto che si prenda cura di loro”.
Riguardo all’UNRWA, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi ,l’ambasciatrice americana all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, ha dichiarato: “Dobbiamo vedere cambiamenti fondamentali prima di poter riprendere a fornire finanziamenti direttamente all’Unrwa. Dobbiamo guardare all’organizzazione, a come opera a Gaza, a come gestisce il proprio personale e garantire che le persone che commettono atti criminali siano ritenute immediatamente responsabili”.
Per il premier israeliano Netanyahu : “L’Unrwa è totalmente infiltrata dall’organizzazione terroristica”.
Quanto all’accordo sulla liberazione degli ostaggi tra Israele e Hamas, elaborato in Francia con la mediazione di USA e Qatar, il Washington Post ha riportato i possibili termini dell’intesa. Secondo il quotidiano, infatti: “Tutti gli ostaggi israeliani detenuti nella Striscia di Gaza sarebbero rilasciati durante un cessate-il-fuoco di sei settimane sostenuto da Stati Uniti, Qatar ed Egitto. Come parte dell’accordo, i detenuti palestinesi trattenuti nelle carceri israeliane saranno rilasciati in cambio degli israeliani detenuti a Gaza, al ritmo di tre detenuti per ogni ostaggio. La proposta include anche la condizione di un riposizionamento non permanente delle forze israeliane lontano dalle aree densamente popolate della Striscia e un aumento degli aiuti umanitari a Gaza. Il potenziale accordo preso in considerazione da entrambe le parti potrebbe includere ulteriori pause nei combattimenti oltre alle sei settimane di cessate il fuoco, durante le quali verrebbero rilasciati i soldati delle Idf (Forze di difesa israeliane) tenuti prigionieri e i corpi degli ostaggi uccisi da Hamas”.
In merito,la televisione pubblica israeliana Kan, ha riferito che: “Hamas ha avanzato la richiesta che, nel contesto di uno scambio di prigionieri, Israele rimetta in libertà tutti i membri della ‘”Nukhbe“, la unità di elite responsabile dei massacri del 7 ottobre. Questa richiesta è stata menzionata durante il recente vertice di Parigi dai rappresentanti di Egitto e Qatar nei loro incontri con i responsabili dei servizi segreti degli Usa e di Israele. La questione dovrebbe essere affrontata anche durante i colloqui al Cairo del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ma la notizia non è stata confermata da Israele.
Restando in tema ostaggi, secondo quanto riferito dai media israeliani, la polizia israeliana ha annunciato la morte del sergente Ran Gvili, che era ritenuto ostaggio: il poliziotto è stato ucciso il 7 ottobre durante l’assalto di Hamas nella comunità di Alumim e il suo cadavere è stato portato a Gaza.
Secondo il sito Axios , che ha citato fonti informate, nel frattempo, il Dipartimento di Stato americano starebbe esaminando tutte le opzioni per un possibile riconoscimento dello Stato palestinese.Il segretario di Stato, Blinken , infatti, avrebbe chiesto di elaborare tali ipotesi, tra queste: riconoscere lo Stato della Palestina; non usare il proprio veto per impedire al Consiglio di Sicurezza di ammettere la Palestina come Stato membro dell’Onu; di incoraggiare altri Paesi a riconoscere la Palestina.
Proprio i rappresentanti di Hamas, secondo i media libanesi, poi confermati dai rispettivi uffici stampa, avrebbero incontrato in queste ore a Beirut, in Libano, presso la sede dell’ambasciata di Palestina, i rappresentanti di Fatah, il partito del presidente palestinese Mahmud Abbas (Abu Mazen), alla presenza di numerosi dignitari di Hamas e Fatah , per “migliorare l’azione di coordinamento politico tra le due forze antagoniste palestinesi”.
Quanto al gruppo yemenita Houthi, sostenuto dall’Iran, quest’ultimo , secondo il sito del canale televisivo di proprietà degli Houthi stessi, Al Masirah, ha dichiarato : “Le nostre forze navali hanno lanciato missili navali contro il cacciatorpediniere americano Uss Gravely nel Mar Rosso”.
A tal riguardo, il Comando Centrale, in una dichiarazione sui social media, ha reso noto che “Gli Stati Uniti hanno distrutto un missile appartenente ai ribelli Houthi che rappresentava una “minaccia imminente” per gli aerei americani”.
Secondo il Fondo Monetario Internazionale , il traffico di container nel Mar Rosso è calato del 30%, mentre, nella prima metà del 2023, gli scambi commerciali attraverso il Canale di Suez rappresentavano il 12% del commercio globale e il 30% del traffico globale di container.
In merito alla missione navale a difesa delle navi mercantili e commerciali nel Mar Rosso, che, secondo quanto dichiarato oggi nel corso del Consiglio informale di Difesa europeo, dall’Alto Rappresentante UE per le politiche estere , Borrell, potrebbe aver inizio il 17 febbraio o comunque entro febbraio, il ministro della Difesa Crosetto ha evidenziato: “Gli attacchi degli Houti nel Mar Rosso rappresentano un atto di guerra, non soltanto fisica ma anche ibrida con la strategia di tagliare i vasi di comunicazione di alcuni Paesi incidendo sulle loro economie e agevolandone altri, come ad esempio quella cinese e quella russa le cui navi non vengono attaccate. Considerata dunque la pericolosità della minaccia, mi auguro anche un intervento dell’Onu“.
Proprio riguardo alla missione navale nel Mar Rosso,il Vicepremier e ministro degli Esteri Tajani, intervistato nel programma di Rai Uno, Porta , a una domanda su quale Paese la guiderà, ha risposto: “Stiamo discutendo, toccherà all’Italia o alla Francia“.
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