Nel pomeriggio di ieri, si è tenuto presso la sede del Mise (Ministero dello Sviluppo Economico) il tavolo convocato dal Ministro Di Maio con i sindacati Fiom Cgil e i rappresentanti della Whirlpool di Napoli, che il 31 maggio scorso aveva annunciato la cessione dello stabilimento partenopeo, dopo aver firmato nell’ottobre 2018 l’ accordo per la realizzazione di un piano industriale 2019-2021 da 80 milioni di euro. Dura, la posizione del Ministero di Via Veneto: “Precedente gravissimo. Soluzione entro 7 giorni o pronti a revocare gli incentivi”. Re David e Tibaldi (Fiom Cgil) : “Dall’azienda parole vaghe e ambigue. Governo pretenda rispetto del Piano”. L’a.d Luigi La Murgia: “Non vogliamo chiudere , ma individuare soluzioni per garantire posti di lavoro sostenibili a lungo tempo”. Opposizioni all’attacco : “Mancata vigilanza del Ministro”. Intanto, l’Istat certifica, per l’economia italiana, un’ulteriore diminuzione a maggio del manifatturiero e dei servizi, seppur di lieve entità rispetto al mese precedente e in miglioramento rispetto alle attese. Annuncio a sorpresa di Arcelor-Mittal, ex Ilva di Taranto: “Cassa integrazione per 140 dipendenti , per 13 settimane, causa crisi del mercato, garantendo comunque il piano industriale e ambientale”.
di Federica Marengo mercoledì 5 giugno 2019

Foto: dissidenzaquotidiana.it
Sono partiti da Napoli ,a bordo di sei autobus, alla volta di Roma e del Ministero dello Sviluppo Economico, i 350 lavoratori, operaie e operai, della Whirlpool di Via Argine, specializzata dagli anni Sessanta nella produzione di lavatrici, che ieri, hanno protestato, in rappresentanza dei loro colleghi (più l’indotto di 1000 persone), rimasti in presidio permanente presso lo stabilimento, sotto le finestre del dicastero di Via Veneto, mentre all’interno, si teneva il tavolo di crisi convocato il 31 maggio scorso dal ministro pentastellato Luigi Di Maio, per discutere con gli amministratori delegati dell’azienda e con i sindacati della decisione dei vertici della multinazionale americana di elettrodomestici, annunciata a sorpresa, di cedere il sito partenopeo, mettendo a rischio licenziamento 430 dipendenti.
I rappresentanti dell’azienda, il 25 ottobre 2018, avevano firmato , proprio al Mise, l’ accordo per l’attuazione di un Piano industriale nel triennio 2019-2021, che prevedeva investimenti dell’ammontare di 250 milioni di euro, da ripartire su tutto il territorio nazionale, e di 17 milioni per la sede di Napoli e Cainaro, a fronte dell’erogazione di incentivi statali.
“Noi ci aspettiamo che Governo e Ministero non si facciano prendere a schiaffi e pretendano il rispetto del Piano perché, se così non sarà, lo chiederanno i sindacati. Non abbiamo nessuna intenzione di accettare presunte vendite”, ha dichiarato prima dell’incontro, la segretaria generale della Fiom Cgil, Francesca Re David, mentre lavoratrici e lavoratori agitavano cartelli con scritte come : “Napoli non molla”.
“Il sindacato pretende che il Piano dello scorso ottobre, valido per il periodo 2019-2021, sia rispettato, perché il settore non è in crisi e siamo certi che se vogliono andare via da Napoli è per andare a produrre in Polonia piuttosto che in Ucraina; chi firma un piano industriale a ottobre e dopo pochi mesi comunica che se ne va, sicuramente pensa che il Governo non abbia voce in capitolo sulla politica industriale del proprio Paese. Voglio sperare che il Governo non sapesse nulla prima”, ha sottolineato la segretaria Fiom Cgil.
Al tavolo, secondo fonti del Mise, il Ministro Di Maio, ha esordito ricordando ai rappresentanti della Whirlpool che l’azienda dal 2014 a oggi ha preso dallo Stato italiano 27 milioni di fondi pubblici, per poi continuare a rivendicare : “Se non siete in grado di dare risposte e devo rivolgermi ai vertici della multinazionale, ditelo subito. Non perdiamo tempo. Lo Stato si farà rispettare. Si sono formati accordi ben precisi, state creando un precedente gravissimo. Dovete rispettare le Istituzioni e i lavoratori. Io sono e sempre sarò al loro fianco. Siamo disposti a impegnarci ancora di più con l’azienda per trovare una soluzione. Se non si rispettano accordi siamo pronti a revocare tutti gli aiuti che sono stati dati. Lo Stato italiano non si prende in giro. Non con me, non con questo Governo”.
Quindi, sempre secondo quanto riferito dal Ministero, l’amministratore delegato Whirlpool Italia, Luigi La Murgia, ha replicato a Di Maio : “Non vogliamo chiudere, ma lo Stato, il Governo ci aiuti a individuare soluzioni per garantire posti di lavoro sostenibili a lungo tempo. Oggi, una soluzione non l’abbiamo”.
Così, dinanzi alla mancanza di risposte da parte dell’azienda, il ministro pentastellato ha deciso di convocare un nuovo tavolo tra una settimana per concedere alla multinazionale il tempo di elaborare una strategia convincente in grado di risolvere la vertenza, ovvero individuare un possibile compratore.
“ Lo Stato , non si può permettere che una multinazionale americana venga nel nostro Paese, firmi un accordo e poi metta per strada 700 persone, soprattutto se questa multinazionale americana ha preso, negli ultimi anni, 50 milioni di euro di incentivi”, ha commentato a incontro concluso, il Ministro, ai microfoni dei cronisti in attesa fuori dal Ministero, spiegando: “Gliel’ho detto chiaramente oggi al tavolo : o entro sette giorni portano una soluzione per lasciare aperta quell’azienda e far lavorare le persone, o noi gli togliamo i soldi che hanno preso dallo Stato. Gli tolgo quelli che gli stavamo per dare e gli tolgo quelli che già gli abbiamo dato, con alcuni strumenti che dovevano servire a creare più lavoro. Parliamo di almeno 15 milioni di euro già concessi, più quelli che stavano per arrivare. I rappresentanti di Whirlpool Italia sono venuti al Ministero a firmare un accordo 7 mesi fa e in 7 mesi non si cambiano le carte in tavola quando ci si è impegnati per 3 anni a portare commesse dalla Polonia in Italia e far lavorare i cittadini italiani. Su questo ci faremo rispettare e fra 7 giorni al massimo mi aspetto un nuovo tavolo con una soluzione da parte loro. Perché noi, le soluzioni, le abbiamo già date, ci abbiamo messo i soldi degli italiani in questi insediamenti produttivi e ce li riprendiamo, se le cose non vanno bene”.
“Ho fatto fatica a capire la posizione di Whirlpool. Dall’azienda, parole vaghe e ambigue. Per tre volte ci hanno chiesto di ascoltare le loro proposte su Napoli. Gli abbiamo chiesto se c’è anche quella di non vendere lo stabilimento, ma non sono in grado di dare una risposta e chiedono di vederci la prossima settimana”, ha detto alla chiusura del tavolo, la segretaria nazionale Fiom Cgil, Barbara Tibaldi, incalzata da Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm, responsabile dei settori auto ed elettrodomestici, che, parlando a un giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, ha auspicato: “Speriamo che una battaglia comune del sindacato e del Governo possa salvare lo stabilimento di Napoli e più in generale la presenza di Whirlpool in Italia. Whirlpool, infatti, non solo minaccia di chiudere Napoli, ma temiamo che stia venendo progressivamente meno ai suoi impegni anche altrove, ad esempio a Siena, dove ancora non si vedono le azioni necessarie a incrementare i volumi produttivi e a Fabriano dove si stanno delocalizzando numerose funzioni di staff. Oggi, la Direzione aziendale è stata molto ambigua, ma le sue piuttosto che aperture sono sembrate meri eufemismi, ad esempio quando ha parlato di “riconversione”, anziché di chiusura o quando ha detto di essere intenzionata a cercare “soluzioni”, senza però specificare quali possano essere”.
Critiche, sulla gestione della vertenza da parte del Ministro Di Maio, le Opposizioni, con il segretario Pd Nicola Zingaretti, che, in una nota, ha parlato di “promesse tradite, di mancata vigilanza del Ministro Di Maio sull’accordo sottoscritto con l’azienda e di abbandono di Napoli e del Sud da parte del Governo Lega-M5S”.
Di “sciatteria” del Ministro Di Maio nella gestione dei tavoli di crisi, ha parlato anche la Vicepresidente della Camera, in quota Forza Italia, Mara Carfagna.
“Volevano abolire la povertà, stanno abolendo il lavoro”, ha commentato sarcastico su Twitter il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Francesco Lollobrigida.
Intanto, alla vigilia delle valutazioni della Commissione UE sui conti pubblici italiani, l’Istat (Istituto Nazionale di Statistica), ha diffuso oggi i dati riguardo all’andamento dell’economia italiana, che, a maggio, ha registrato un ulteriore diminuzione, seppure di lieve entità rispetto ad aprile, confermando uno “scenario di moderazione dei livelli di attività economica”, determinata dall’incertezza sul futuro dei rapporti commerciali tra USA e Cina.
Particolarmente rallentato, il settore dei servizi, con un indice Pmi sceso da 54,4 punti a 50, ma migliore rispetto alle previsioni degli analisti sotto quota 50 (49,8), soglia limite tra espansione e contrazione del ciclo. Sale invece da 49,5 a 49,9 punti, l’indice Pmi composito, relativo ai settori manifatturiero e dei servizi.
E tale rallentamento, negli ultimi mesi di quest’anno, ha riguardato anche il comparto dell’acciaio,nel settore dell’automotive (in calo del 10%) e, a partire dal primo trimestre, il siderurgico, in particolare nell’ambito dei prodotti da coils (l’indice Pmi, infatti, nel marzo 2019 è sceso a 47,4, punti percentuali, andando per il sesto mese consecutivo sotto quota 50 e segnando il punto più basso dal maggio 2013).
Ciò, si è tradotto in una riduzione del consumo di acciaio in Europa e in Italia e, quindi, in un minor carico di ordini e di lavoro, a cui si è aggiunto un aumento delle importazioni da Paesi Terzi ( nei primi quattro mesi del 2019, le importazioni di prodotti da coils e lamiere sono aumentate del 51% rispetto allo stesso periodo del 2018) e un aumento, oltre i livelli standard, delle scorte in giacenza nei magazzini.
Situazione, resa ancor più difficile dalla debolezza delle misure di salvaguardia delle importazioni adottate dalla Commissione UE, che rendono l’industria siderurgica europea vulnerabile, in un periodo in cui i prezzi dell’acciaio scendono, e i costi energetici e delle materie prime risultano elevati e in costante aumento.
Per questo, i 45 Amministratori Delegati di importanti gruppi siderurgici UE hanno scritto una lettera ai Capi di Stato e di Governo e alle Istituzioni europee per chiedere un sostegno al settore.
Ed è proprio in questo quadro che si iscrive la crisi di Arcelor-Mittal, ex Ilva di Taranto, il gruppo franco-inglese,che, il 1° novembre del 2018, dopo una travagliata trattativa, è subentrato nella gestione dell’azienda dei Riva.
Ora, la multinazionale, che ha già ridotto nel mese di maggio la produzione primaria in Europa e in Italia (a Taranto, la produzione è stata rallentata da 6 milioni di tonnellate a 5, per via della crisi del mercato), ha deciso di ricorrere temporaneamente (13 settimane) alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) , per un massimo di 1.400 dipendenti.
L’azienda del ramo italiano, che ha comunicato la notizia tramite nota dell’amministratore delegato Matthieu Jehl, ha già provveduto ad avvisare le organizzazioni sindacali e le Rappresentanze Sindacali Unitarie di Taranto, convocate domani, 6 giugno, per un incontro, specificando che si tratta di misure temporanee, determinate dalla ciclicità del mercato dell’acciaio.
Tuttavia, la multinazionale ha rinnovato l’impegno a realizzare i piani industriale e ambientale da 2,4 miliardi di euro, che renderanno la città pugliese il polo siderurgico più avanzato e sostenibile d’Europa.
“Preoccupati”, si sono detti i segretari dei sindacati Fiom-Cgil, Uilm e Fim-Cisl, che si incontreranno lunedì 11 giugno, alle 14.
“Grave, inopportuna e sbagliata”, per Rocco Palombella della Uilm, interpellato da “Il Fatto Quotidiano”, la decisione del colosso del siderurgico, che “si ripercuoterà anche sugli altri stabilimenti ex Ilva d’Italia, dove si utilizzeranno piano di smaltimento ferie per far fronte alla riduzione dei volumi produttivi. Non si era mai verificato prima che a pochi mesi dall’acquisizione un’azienda facesse ricorso alla cassa integrazione ordinaria. Arcelor Mittal è un grande produttore di acciaio, visti gli oltre 90 milioni di tonnellate di produzione annue, pertanto chiediamo con fermezza che in Italia mantenga inalterati i livelli produttivi previsti dal piano industriale, come dall’accordo stipulato il 6 settembre 2018 al Mise. Inoltre, chiederemo che venga ritirata la cassa integrazione, sarebbe un segnale sbagliato per i lavoratori di Arcelor Mittal, ma soprattutto lancerebbe un messaggio di disperazione per quelli in Amministrazione Straordinaria che vedrebbero allungarsi ulteriormente i tempi di reintegro in azienda”.
“La cassa integrazione rappresenta un elemento di ulteriore preoccupazione in una fase di assestamento critico degli obiettivi del Piano industriale”, ha evidenziato la segretaria della Fiom-Cgil Francesca Re David, aggiungendo: “Nell’incontro in programma per lunedì chiederemo una verifica sull’attuazione dell’accordo sottoscritto in merito alle strategie industriali e produttive e agli investimenti relativi al processo di risanamento ambientale. Da mesi, la Fiom chiede un incontro al Mise per una verifica degli impegni sottoscritti, che diventa ancora più urgente alla luce delle decisioni comunicate oggi”.
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