Giunto all’aeroporto di Skopje, Papa Francesco è stato accolto dal presidente uscente Gjorge Ivanov e dal primo ministro Zoran Zaev e ,a Villa Vodno, la residenza del capo dello Stato, ha pronunciato un discorso. Poi, si è recato al Memoriale dedicato a Santa Madre Teresa e, dopo aver incontrato autorità religiose e poveri e aver benedetto la prima pietra dell’edificio, si è spostato nella vicina piazza Macedonia per celebrare la Messa con la comunità cattolica. Nel pomeriggio, gli altri due impegni: l’incontro ecumenico e interreligioso con i giovani, che ha esortato a sognare e a non isolarsi, e quello con i sacerdoti e i religiosi, ai quali ha chiesto di non smarrire la vocazione e la tenerezza . Infine, il rientro in Vaticano.
di Federica Marengo mercoledì 8 maggio 2019
Dopo la Bulgaria, Papa Francesco ha raggiunto Skopje, capitale della Macedonia settentrionale, nata venticinque anni fa dalla dissoluzione della Jugoslavia, dove i cattolici costituiscono soltanto l’1% e la maggioranza della popolazione è di fede ortodossa (65%) e musulmana (33%) e dove, soltanto di recente, sancito dal voto parlamentare, si è trovato un accordo con la Grecia per modificare il nome della città in Macedonia del Nord, per favorirne l’ ingresso nella UE e nella Nato.
Accolto all’aeroporto dal Presidente uscente Gjorge Ivanov (le elezioni della scorsa domenica, infatti, hanno assegnato la presidenza all’europeista e filo atlantico Stevo Pendarovski, a fronte del candidato conservatore e nazionalista) e dal primo ministro Zoran Zaev, Papa Bergoglio si è recato a Villa Vodno , residenza del capo dello Stato, dove, alla presenza delle autorità civili, del corpo diplomatico e della società civile, dopo un colloquio privato con i due leader del Paese, ha pronunciato un discorso nella Mosaique Hall del Palazzo Presidenziale.
“La Macedonia del Nord è un ponte tra Oriente e Occidente, che ha come più prezioso e valido patrimonio la composizione multietnica e multi religiosa del suo popolo. Ed è un esempio a cui fare riferimento per una convivenza serena e fraterna”, ha detto il Santo Padre, sottolineando: “La Macedonia del Nord è un Paese da cui imparare il generoso sforzo nell’accogliere e prestare soccorso al gran numero di migranti e provenienti dai diversi Paesi medio-orientali. La Macedonia del Nord poi ha avuto l’onore di dare i natali a Madre Teresa, che , mossa dall’amore di Dio, ha fatto della carità verso il prossimo la suprema legge della sua esistenza”.
Infine, ha auspicato che “una più stretta integrazione con i Paesi Europei si sviluppi positivamente per l’intera regione dei Balcani occidentali, sempre, però nel rispetto delle diversità e dei diritti fondamentali”, esortando “a proseguire fiduciosi nel cammino iniziato per fare del vostro Paese un faro di pace, di accoglienza e di integrazione feconda tra culture, religioni e popoli”.
Al termine del saluto ufficiale, il Pontefice ha raggiunto la Casa Memoriale dedicata a Madre Teresa, costruita nel posto in cui sorgeva la chiesa del Sacro Cuore, dove fu battezzata.
Qui, incontrati i capi delle comunità religiose del Paese (tra i quali il metropolitan Stefan, capo della Chiesa ortodossa, proclamatasi autocefala nel 1967 e, distaccatasi dal Patriarcato serbo e perciò non riconosciuta dalle altre chiese ortodosse) e due cugini della “Santa dei poveri”, ha recitato nella cappella dell’edificio una preghiera composta appositamente per l’occasione, nella quale, rivolgendosi a Santa Madre Teresa, Le ha chiesto di intercedere presso Gesù “affinché anche noi otteniamo la grazia di essere vigili e attenti al grido dei poveri e affinché ci conceda la grazia di essere anche noi segno di amore e di speranza nel nostro tempo, che vede tanti bisognosi, abbandonati, emarginati ed emigranti”.
Benedetta la prima pietra del Santuario di Madre Teresa e intrattenutosi con gli ospiti della Casa Memoriale nel cortile della struttura, si è poi spostato in piazza Macedonia , dove ha presieduto la Messa per i 15 mila cattolici del Paese, aiutato dal vescovo Monsignor Kiro Stojanov, dall’arcivescovo di Vrhbosna-Sarajevo, Cardinale Vinko Puljjic e dei presuli provenienti da tutta la Macedonia del Nord.
“Chi viene a me , non avrà fame e chi crede in me non avrà sete . Ci siamo abituati a mangiare il pane duro della disinformazione e siamo fini prigionieri del discredito, delle etichette e dell’infamia. Prigionieri della virtualità, abbiamo perso il gusto e il sapore della realtà”, ha ammonito Papa Francesco nell’omelia, incoraggiando i fedeli ad avere “fame di pane, fame di fraternità, fame di Dio” e a seguire l’esempio di Madre Teresa “che ha voluto fondare la sua vita su due pilastri: Gesù incarnato nell’Eucarestia e Gesù incarnato nei poveri!”.
Nel pomeriggio, il Pontefice ha incontrato i giovani presso il Centro pastorale e i religiosi e i sacerdoti nella Cattedrale del Sacro Cuore di Gesù.
Ai primi, secondo fonti Sir, nel corso di un fitto dialogo, ha detto: “Sognare non è mai troppo, non c’è età per sognare. Uno dei principali problemi di oggi e di tanti giovani è che hanno perso la capacità di sognare. E quando una persona non sogna , quando un giovane non sogna, questo spazio viene occupato dal lamento e dalla rassegnazione, dalla tristezza. Questi, li lasciamo a quelli che seguono la “dea lamentela”!. E’ un inganno: ti fa prendere la strada sbagliata. Quando tutto sembra fermo e stagnante , quando i problemi personali ci inquietano, i disagi sociali non trovano le dovute risposte, non è bene darsi per vinti. Mai e poi mai si sogna troppo.[…] Non abbiate paura di diventare artigiani di sogni e di speranza. I sogni più belli si conquistano con speranza, pazienza e impegno, rinunciando alla fretta. Non bisogna avere paura di rischiare e di commettere errori. Un giovane che non rischia è un morto. Dobbiamo avere il coraggio di essere diversi , di testimoniare la bellezza della generosità, del servizio, della purezza, della fortezza, del perdono, della fedeltà alla propria vocazione, della preghiera, della lotta per la giustizia e il bene comune, dell’amore per i poveri, dell’amicizia sociale”, prendendo come esempio Santa Madre Teresa: “Quando viveva qui non poteva immaginare come sarebbe stata la sua vita, ma non smise di sognare e di darsi da fare per cercare sempre di scoprire il volto del suo grande amore, Gesù, in tutti coloro che stavano al margine della strada. Lei ha sognato in grande e per questo ha anche amato in grande”.
“Ma”, ha sottolineato Francesco, “Nessuno può affrontare la vita in modo isolato, non si può vivere la fede, i sogni senza comunità. Sapete qual è la miglior lezione che ho visto e conosciuto in tutta la mia vita?Il faccia a faccia. Siamo entrati nell’era delle connessioni, ma sappiamo poco di comunicazioni. Troppi contatti, ma poco comunicarsi. Molto connessi e poco coinvolti gli uni con gli altri”.
Concludendo: “Contro la cultura dell’effimero e dei falsi profeti che annunciano sventure e distruzione: ascoltare e ascoltarci”.
Durante il confronto con il clero e i sacerdoti, poi , ha raccomandato loro di andare incontro ai bisognosi, di rivolgeregli attenzione e tenerezza e, per salvarsi dal “carrierismo”, di non dimenticare la prima vocazione, la prima chiamata di Dio.
Successivamente, nel corso del viaggio di ritorno a bordo dell’aereo che lo ha riportato in Vaticano, nella serata di ieri, Papa Bergoglio, rispondendo alla domanda di un cronista, che, nell’ambito di una breve conferenza stampa, gli ha chiesto cosa lo avesse colpito di più nella due giorni macedone, ha rivelato : “Mi ha toccato profondamente l’esperienza con i poveri, nel memoriale di Madre Teresa. Mi ha colpito la mitezza, la capacità di carezzare i poveri, la tenerezza di queste suore. Oggi noi siamo abituati a insultarci. Un politico insulta l’altro, un vicino insulta l’altro, anche nelle famiglie si insultano tra loro. Io non oso dire che c’è una cultura dell’insulto, ma l’insulto è un’arma alla mano, lo è anche lo sparlare degli altri, la calunnia, la diffamazione, e vedere queste suore che curavano ogni persona come fosse Gesù, mi ha colpito”.
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