Si è spenta nella sua abitazione romana, il 2 febbraio scorso, all’età di novant’anni, dopo un lunga malattia, l’attrice, doppiatrice e scrittrice Monica Vitti. Talento versatile e brillante, fu capace di passare dal cinema impegnato dell’ “incomunicabilità” di Michelangelo Antonioni, alla commedia all’italiana, di cui divenne “colonnella”, tra i colleghi colonnelli: Alberto Sordi, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Giancarlo Giannini e Vittorio Gassmann.
di Federica Marengo domenica 6 febbraio 2022
“Attrici come Monica non esistono più, era bravissima e particolare, un pezzo unico. Dicevano anche che fosse difficile lavorare con lei, mentre io ho scoperto una collega spiritosa, che si divertiva, che riusciva a giocare con il lavoro, come faccio anch’io: raccontiamo favole. Non parlatemi di Actor’s Studio. Sappiamo che era capace di essere drammatica, grottesca, in solitudine, ma soprattutto aveva i tempi giusti che fanno scattare la risata, è matematica. Era straordinaria, la metto in quell’Olimpo speciale dove puoi trovare lei, la Magnani, la Loren, la mia Melato, la Sandrelli, da tutte ho imparato. Per me, era una commediante nata, aveva calcato le scene con Bonucci, Tedeschi, la Valori e la pochade, ma direi che i due registri lei li usava e li dosava in modo speciale. Orazio Costa diceva che l’attore è un’arancia con tanti spicchi. E le piaceva raccontare, ricordare i compagni di lavoro, conosceva i trucchi e ci giocava. Il nostro mestiere si insegna con la poesia e lei lo sapeva bene, anche quando dialogava con i giovani colleghi attori”. Così, l’attore Giancarlo Giannini, parlava della collega, Monica Vitti, in un’intervista rilasciata qualche tempo fa a Il Corriere della Sera.
Nata a Roma, il 3 novembre 1931 da Angelo Ceciarelli, Ispettore del Commercio Estero di origini romane e da Adele Vittiglia, di origini bolognesi, Maria Luisa Ceciarelli, questo il vero nome dell’artista, per via del lavoro del padre, si trasferisce con la famiglia a Messina, in Sicilia, dove trascorre gran parte dell’infanzia ,per poi tornare nella Capitale.
Soprannominata dai familiari “setti vistìni”(“sette sottane”), per via della freddolosità che la induce a indossare più vestiti, all’inizio degli anni Cinquanta, dopo gli studi superiori,rivelato uno spiccato talento per la recitazione, intraprende studi di attrice presso l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, dove si diploma.
Dimostrate versatilità e comicità innate, recitando testi di Molière, Shakespeare e del suo insegnante, Sergio Tofano, autore di commedie incentrate sul personaggio di “Bonaventura”, firmate con lo pseudonimo di “Sto”, assunto il nome d’Arte di “Monica Vitti”( trae il nome da un romanzo e il cognome dall’abbreviazione del cognome materno, Vittiglia), nel 1956, esordisce presso il Teatro Olimpico di Vicenza con il ruolo di “Ofelia” nell’ “Amleto” di Riccardo Bacchelli, cui seguono le interpretazioni di“Bella” di Cesare Meano, portato in scena al Teatro del Convegno di Milano ,con la regia di Enzo Ferrieri, e di atti unici comici rappresentati presso il Teatro Arlecchino (ora Teatro Flaiano) di Roma.
Attratta anche dal cinema, dopo alcune apparizioni in pellicole brillanti, viene notata dal regista Michelangelo Antonioni, che la scrittura come protagonista della “tetralogia dell’incomunicabilità” (“L’avventura”, 1960, “La notte”, 1961, “L’eclisse”, 1962 e “Deserto rosso”, 1964) e con il quale vive un intenso sodalizio umano e artistico.
Raccolto un largo consenso presso la critica come attrice drammatica, nel 1968, si cimenta nella commedia , convinta dal regista Mario Monicelli e dal produttore Fausto Saraceni ,a vestire i panni de “La ragazza con la pistola”.
Proseguito, quindi, con il genere comico, nel decennio Settanta, diviene protagonista della “commedia all’italiana”, lavorando al fianco di attori come Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Giancarlo Giannini, Gigi Proietti e Ugo Tognazzi , in film sbanca botteghino quali : “Amore mio aiutami” e “Polvere di stelle” , entrambi diretti da Alberto Sordi, “Dramma della gelosia-Tutti i particolari in cronaca” di Ettore Scola, “Teresa la ladra”di Carlo Di Palma, “Noi donne siamo fatte così” di Dino Risi, “La Tosca” di Luigi Magni, “L’anatra all’arancia”, adattamento dell’omonimo lavoro teatrale di William Douglas-Home e Marc Gilbert Sauvajon, firmato da Luciano Salce, “Basta che non si sappia in giro” di Nanni Loy e Luigi Comencini e “Amori miei” di Steno.
Reduce dai successi televisivi (prende parte come ospite d’onore al varietà “Milleluci”, condotto da Mina insieme con Raffaella Carrà e ,recita accanto ad Eduardo De Filippo nella trasposizione per la Tv della commedia “Il cilindro”) ,ritrovato Michelangelo Antonioni sul set de “Il mistero di Oberwald” ,dopo la fine del loro rapporto dovuta all’incontro con il nuovo compagno, il direttore della fotografia Carlo Di Palma, negli anni Ottanta ,alterna al grande schermo ( “Non ti conosco più amore” di Sergio Corbucci, “Il tango della gelosia” di Steno, “Io so che tu sai che io so” di Alberto Sordi, “Flirt” e “Francesca è mia” di Roberto Russo) il palcoscenico (“La strana coppia”di Neil Simon e “Prima pagina” di Ben Hecht e Charles MacArthur).
Divenuta anche regista, nel 1990, presenta al Festival di Cannes la pellicola opera prima “Scandalo segreto”, ottenendo il favore e il commento positivo dei critici . Affiancata a questa attività quella di scrittrice ,nel 1993, pubblica l’autobiografia “Sette sottane” e, nel 1995, il romanzo “Il letto è una rosa”.
Presenza fissa nella trasmissione televisiva “Domenica in”, nella stagione 1993-1994, in seguito alla scoperta di una malattia degenerativa, si allontana gradatamente dalle scene, rilasciando nel 2002 la sua ultima intervista.
Vincitrice di numerosi premi tra: David di Donatello, Nastri d’Argento e Globi d’oro, in qualità di “migliore attrice”, tributata di riconoscimenti alla carriera ( Leone d’oro, Orso d’argento e Ciak d’oro) , si è spenta il 2 febbraio scorso, all’età di novant’anni, nella sua abitazione romana, assistita con amore dal marito, il fotografo di scena e regista Roberto Russo, sposato il 28 settembre del 2000, e che l’è stato accanto fino all’estremo saluto, svoltosi, nella chiesa degli Artisti di Piazza del Popolo, dopo l’omaggio di amici, colleghi e gente comune alla camera ardente allestita in Campidoglio.
“Scrivo non per ricordare, ma per reinventarmi tutto, per cancellare e ricostruire visi e fatti che mi girano intorno e ridono insieme a me , non di me”, aveva rivelato ormai un ventennio fa , raccontandosi, scrittrice in erba , presaga,forse, di quella malattia che, come ha dichiarato l’amica,la giornalista e critica cinematografica, Laura Delli Colli, le avrebbe “cancellato la memoria come una grande gomma” e con essa il ricordo di quella ragazzina che “A quattordici anni e mezzo, in piena guerra, aveva capito che ce l’avrebbe fatta a vivere solo fingendo di essere un’altra e facendo ridere il più possibile”.
A chi le chiedeva quale fosse il segreto della sua comicità, rispondeva: “Il segreto è la ribellione di fronte all’angoscia, alla tristezza e alla malinconia della vita. Nella mia vita non sono mancate le lacrime: lacrime copiose e liberatrici, lacrime di tristezza, di sconforto, di solitudine, di stanchezza. Sì, ho pianto e riso molto”.
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