Nel giorno del 223esimo anniversario del Tricolore, ricordato nel suo messaggio dal capo dello Stato Mattarella quale “emblema di democrazia e solidarietà”, riprendono le attività parlamentari e il Governo giallo-rosso è chiamato alla prova unità su due questioni scottanti: la nuova prescrizione (con sospensione della stessa dopo il primo grado di giudizio) entrata in vigore dal 1° gennaio e , su cui si terrà un vertice il 9 gennaio, dopo lo slittamento della riunione prevista per oggi, proprio al fine di trovare un accordo, e la revoca delle concessioni pubbliche ad Autostrade. Su entrambi i fronti, infatti, la Maggioranza sembra essersi divisa: da un lato il M5S, che sostiene la sua riforma sulla prescrizione e ,determinato continua a spingere per la revoca delle concessioni alla società dei Benetton, causa le mancate manutenzioni e i dossier ritoccati , accertate dalla Procura di Genova in relazione al crollo del ponte Morandi, e , dall’altro, il Pd e Italia Viva, che in merito alla prescrizione minacciano( in caso non sia avanzata una ulteriore proposta dai pentastellati ,per compensare tale abolizione con una velocizzazione dei tempi del processo penale) di votare il 10-13 gennaio alla Camera, ciascuna un ddl, che mitigherebbe o abolirebbe l’entrata in vigore dell’istituto giuridico, e riguardo alle concessioni sono contrari alla revoca nei confronti di Autostrade, pensando alla salvaguardia dei risparmiatori e dei lavoratori . Intanto, però, nel Governo si è aperto un altro fronte dopo le dichiarazioni del capo pentastellato Di Maio, cui ha fatto da sponda il capodelegazione di LeU e ministro della Salute Speranza, sulla revisione del Job Act renziano e la reintroduzione dell’articolo 18, ipotesi subito cassata da Pd e da Italia Viva. Frizioni anche nei 5Stelle , dopo le dimissioni dell’ex ministro dell’Istruzione Fioramonti, gli abbandoni di deputati per entrare nel gruppo Misto, l’espulsione illustre del senatore Paragone: oggetto del contendere, le restituzioni di parte degli stipendi, previste dal regolamento pentastellato. Sul fronte delle vertenze industriali,ok del Tribunale del Riesame di Taranto alla proroga dell’uso dell’Altoforno 2 chiesta dai commissari straordinari, cui fa da scenario la protesta degli operai per i 2000 cassi integrati a zero ore cui non sono stati rinnovati gli ammortizzatori, eliminati dal decreto Milleproroghe per mancanza di coperture. Infine, primi dati dell’anno resi noti dall’Istat: nel III trimestre, in crescita il reddito e il potere d’acquisto delle famiglie.
di Federica Marengo martedì 7 gennaio 2020
Il nuovo anno della Politica italiana e dei lavori parlamentari si è aperto stamane con le celebrazioni per il 223esimo anno dalla nascita del Tricolore, avvenuta nel 1797, quando da Reggio Emilia ebbe inizio il percorso grazie al quale la bandiera verde bianca e rossa si è affermata in tutta Italia come simbolo, prima dello Stato unitario e poi della Repubblica.
Per l’occasione, il capo dello Stato Mattarella, nel suo messaggio, ha ricordato l’articolo 12 della Costituzione che identifica nel Tricolore il Vessillo ufficiale della Repubblica, simbolo dei valori della Carta Fondamentale: rispetto dei diritti dell’uomo, solidarietà e giustizia sociale ed emblema dei sentimenti di unità e di coesione, nonché dei nostri valori e dell’identità nazionale, sulle cui basi proseguire il cammino verso l’innovazione, il progresso, il rispetto e il benessere.
Un’unità e una coesione, che però, non sembrano esservi nella Maggioranza, viste le posizioni non proprio unanimi su una serie di questioni, a cominciare dalla nuova riforma della prescrizione, introdotta con la legge Spazzacorrotti a firma del Guardasigilli pentastellato Bonafede, approvata durante il Governo Conte 1 e in vigore dal 1 gennaio scorso, che abolisce l’istituto giuridico dopo la sentenza di primo grado e che non piace né al Pd né ad Italia Viva,i quali avevano chiesto di compensarne i meccanismi della riforma con una revisione del processo penale, volta a velocizzarne i tempi di svolgimento, onde evitare il “fine processo mai”.
Proprio per cercare di trovare un accordo tra le parti e per ragioni legate all’agenda del Premier, stravolta dalle urgenze di Politica estera (dossier Libia e Iran-USA), infatti, il Consiglio dei Ministri previsto per oggi a Palazzo Chigi e, dedicato al tema, è stato spostato al 9 gennaio.
Il MS5, infatti, difende la legge Bonafede, mentre Pd e Italia Viva sono contrari e hanno chiesto la mediazione del Premier Conte. Anche perché, in caso contrario, il Pd voterebbe il proprio ddl presentato il 27 dicembre scorso alla stampa, che sospende la prescrizione tra Appello e Cassazione solo per due anni e sei mesi e renderebbe quindi più certi i tempi nelle varie fasi del processo, e Italia Viva, più volte pronunciatasi al riguardo tramite il Vicepresidente della Camera e deputato Rosato, e tramite il fondatore Renzi, voterebbe il ddl presentato dal deputato di Forza Italia, Costa, che cancella la suddetta riforma e che verrà votato a gennaio (presumibilmente il 10 o il 13 gennaio) alla Camera.
Una riforma, quella della prescrizione contestata trasversalmente anche dagli altri partiti : da quelli di Centrodestra, Lega in testa, (“E’ un obbrobrio, uno scempio. Complica il lavoro degli avvocati, allunga i tempi della Giustizia e tiene sotto perenne processo e sequestro di persona, questa volta vero, potenzialmente, milioni di italiani”, ha detto il segretario della Lega, Salvini, nelle scorse ore, ai microfoni di Radio Crc, “Legge assurda e tremenda, che ammazza lo Stato di diritto in Italia”, ha dichiarato, invece, la leader di Fratelli d’Italia, Meloni; di “Morte dello Stato di diritto”, ha parlato la capogruppo alla Camera di Forza Italia, Mariastella Gelmini ), a +Europa di Emma Bonino e ad Azione di Carlo Calenda, che, stamane, hanno tenuto un presidio in segno di protesta a piazza Montecitorio.
Altra questione che divide l’Esecutivo, poi, la revoca delle concessioni ad Autostrade, che il M55S, anche alla luce dell’inchiesta condotta dalla Procura di Genova sul crollo del Ponte Morandi ,avvenuto il 14 agosto 2018, in seguito al quale morirono 43 persone e, su altri viadotti, secondo la quale la società non avrebbe effettuato le manutenzioni, producendo anche dei verbali falsi, vorrebbe avvenisse nell’ immediato, contro il Pd, disposto , invece, a discutere in maniera collegiale della questione, con un’apertura alla revoca dopo le ultime vicende relative al crollo di barriere e gallerie, avvenute sempre nel genovese, mentre Italia Viva sarebbe per il No, insieme con l’Opposizione di Centrodestra, in quanto la revoca delle concessioni alla controllata della società, Atlantia provocherebbe una serie di effetti disastrosi sia sui piccoli risparmiatori, sui grandi fondi di investimento, sui soci minori, sia sui sette mila dipendenti e sull’indotto.
Per questo, il partito renziano, all’atto del voto a Montecitorio, si è espresso in modo contrario all’articolo 35 del decreto Milleproroghe , firmato dal Presidente della Repubblica Mattarella, il quale prevede in caso di revoca delle concessioni, otre l’affidamento temporaneo delle tratte ad Anas anche il taglio dell’indennizzo, che passerebbe, per ciò che riguarda Aspi (Autostrade per l’Italia), da 23 miliardi a 7, provocando un duro contraccolpo alla società dei Benetton ,che , sulla base di quell’indennizzo, si è indebitata presso le banche e che, mediante l’ad Roberto Tomasi, dopo il taglio del rating da parte dell’agenzia Moody’s e la perdita di 360 milioni di capitalizzazione in tre giorni, ha auspicato una soluzione negoziale che coniughi l’interesse pubblico, i diritti di chi fa impresa e lo Stato di diritto.
Stando a quanto affermato dal Premier Conte, però, la decisione sul dossier dovrebbe arrivare in uno dei prossimi Consigli dei Ministri.
Tuttavia, in queste ore, mentre Palazzo Chigi ha reso noto il rinvio a dopo le elezioni Regionali del 26 gennaio prossimo in Emilia Romagna e in Calabria, del vertice di Maggioranza sul nuovo cronoprogramma di Governo e il Pd ha annunciato una riunione di due giorni il 13 e 14 gennaio, in un’abbazia nel Reatino, per preparare la verifica della Maggioranza, si è aperto all’interno dell’Esecutivo una nuova frattura,determinata dalle esternazioni del capo politico del M5S Di Maio, riguardo alla revisione del Job Act e alla reintroduzione dell’articolo 18, abrogato proprio dalla riforma del diritto del Lavoro introdotta dal Governo Renzi fra il 2014 e il 2015, che ha trovato una sponda in LeU e nel suo capodelegazione, nonché il ministro della Salute Speranza, che, in un’intervista al Corriere della Sera, ha rilanciato l’iniziativa, immediatamente respinta dal capogruppo al Senato del Pd, Marcucci e da Italia Viva, tramite il capogruppo al Senato Faraone, convinti che sia necessario “agire sulla crescita”, con lo sblocco degli investimenti da 120 miliardi sulle infrastrutture e i cantieri, piuttosto che puntare su “provvedimenti ideologici come il decreto Dignità, il Reddito di Cittadinanza e Quota100”.
Le tensioni, però, non riguardano solo gli alleati di Governo, ma campeggiano anche all’interno delle singole forze di Maggioranza, specie nel M5S, letteralmente in subbuglio dopo le dimissioni dell’ex ministro dell’Istruzione Fioramonti, per via degli scarsi investimenti nel comparto e per il dissenso con la linea di Governo adottata dai vertici del Movimento, l’espulsione del senatore Paragone, causata dal voto contrario di quest’ultimo alla Manovra, e le uscite di alcuni deputati approdati al Gruppo Misto , cui si è aggiunto in giornata il deputato catanese Santi Cappellani (a quanto sembra tra i deputati non in regola con le restituzioni degli stipendi, il quale però sostiene di non aver potuto “pagare il Movimento” perché non ricordava la password di accesso al sistema), lamentatosi per l’eccessiva “autoreferenzialità del Movimento”.
Intanto, restando sempre in ambito pentastellato, nel pomeriggio, si è tenuto a Montecitorio, l’incontro dei probiviri, parte dell’ organismo disciplinare pentastellati, affidato a Raffaella Andreola, Jacopo Berti e Fabiana Dadone (quest’ultima ministra della Pubblica Amministrazione), per stilare la lista dei parlamentari che non hanno versato nulla o che sono in ritardo con i bonifici delle restituzioni di parte dello stipendio al Movimento, da effettuare, come stabilito dallo Statuto, entro la fine dell’anno e per decidere le eventuali sanzioni.
Sul fronte delle vertenze industriali, invece, il Tribunale del Riesame di Taranto si è espresso a favore della proroga dell’uso dell’Altoforno2 dello stabilimento ex Ilva di Taranto, dopo la scadenza, lo scorso 13 dicembre, dei termini per la messa in sicurezza dell’impianto disposta dai giudici a seguito della morte dell’operaio Alessandro Morricella, nel 2015,causata da una colata di ghisa incandescente, e il conseguente ricorso presentato il 17 dicembre dai commissari straordinari dell’ex Ilva.
Il Tribunale del Riesame, ha così annullato la decisione del giudice Francesco Maccagnano di respingere l’istanza di proroga dell’uso dell’impianto, centrale sia nel piano industriale di Arcelor Mittal che in quello del Governo, che dovranno essere presentati entro il 31 gennaio, data entro la quale dovrebbe essere trovato un accordo sul negoziato avviato nel dicembre scorso tra l’Esecutivo e la multinazionale franco-indiana.
Concessi ,dunque, dai giudici altri 14 mesi per la messa in sicurezza (9 mesi per l’attivazione del caricatore automatico della massa a tappare, 10 mesi per l’attivazione del campionatore automatico della ghisa , 14 mesi per l’attivazione del caricatore delle aste della Macchina a forare e sostituzione della Maf), in quanto, come evidenziato nelle motivazioni della sentenza, “il termine dei tre mesi per adempiere alla completa automazione delle operazioni da compiersi a ridosso del campo di colata dell’altoforno non è sufficiente, secondo la stima tecnica del fornitore dei macchinari Paul Wurth spa risalente all’11 novembre 2019”. Inoltre i giudici hanno sottolineato che: “è chiaro l’interesse di Ilva al dissequestro , dunque a ridurre i tempi di adempimento delle residue prescrizioni , sicché non può essere sospettata di avere concertato col fornitore una dilazione dei tempi. In secondo luogo, il custode giudiziario nella relazione del 15 dicembre 2019 ha riconosciuto che tali sono i tempi tecnici necessari , affermando soltanto, oltretutto in termini ipotetici, che essi appaiono “leggermente sovrastimati”, senza ulteriori specificazioni”.
Soddisfazione, è stata espressa dai commissari straordinari dell’ex Ilva, così come dai sindacati, Fim Cisl , Fiom Cgil e Uilm, che , però, anche in seguito alle proteste in mattinata di una rappresentanza dei 1600 lavoratori dello stabilimento aderenti, in amministrazione straordinaria e attualmente in cassa integrazione a zero ore, aderenti all’USB (che hanno occupato dalle prime luci del mattino la bretella stradale tra il polo siderurgico ArcelorMittal e la raffineria Eni, nei pressi del varco mezzi pesanti, bloccando l’accesso ai cancelli), hanno chiesto l’intervento del Premier Conte, dei Ministri Catalfo (Lavoro) e Patuanelli (Sviluppo Economico) per ripristinare l’integrazione salariale in sostegno a questi ultimi. L’integrazione, infatti, introdotta da un decreto legge nel 2016 e confermata negli anni successivi, era stata inserita nella bozza del decreto Milleproroghe , e poi scomparsa dal testo pubblicato in “Gazzetta Ufficiale”, e ora in vigore, per un problema di coperture finanziarie.
Sempre a proposito dell’ex Ilva , pubblicate le motivazioni della sentenza con cui lo scorso luglio è stato assolto Fabio Riva, uno dei componenti della famiglia ex proprietaria dello stabilimento di Taranto, dall’accusa di bancarotta per il crac della holding Riva Fire, che controllava il gruppo siderurgico, prima dell’amministrazione straordinaria.
La Procura di Milano, infatti, aveva contestato una serie di operazioni societarie che avrebbero generato un “ illecito arricchimento” della famiglia Riva ai danni dell’Ilva, sequestrando alcune somme all’estero, ma il Gup di Milano Lidia Castellucci, ha bocciato la tesi dell’accusa, smentendo la frode a danno del patrimonio dell’impresa (“Enorme è la distanza temporale tra le condotte in contestazione tenute fra il 1995 e il 1997 e lo squilibrio tra attività e passività allocabile al 2013”) e sostenendo invece vi fosse un piano di rilancio (“L’operazione di scissione societaria effettuata nel marzo 2012 non fu fraudolenta,ma volta a proseguire l’attività e a porre le basi per alleanze strategiche con soggetti terzi). Pertanto, per il giudice , il fatto che “Tale progetto di rilancio non si sia verificato per l’avvenuto commissariamento ambientale di Ilva, non priva di validità economica la scelta operata”.
Critiche, nei confronti del Governo, le Opposizione di Centrodestra, che contestano all’Esecutivo la pessima gestione delle vertenze industriali, non solo Ilva, ma anche Alitalia (“Non permetteremo la svendita delle aziende italiane”, ha detto il leader leghista Salvini, riecheggiato da esponenti di Fratelli d’Italia e Forza Italia), invitandolo ad “andare a casa”.
Infine, primi dati dell’anno diffusi dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) , secondo cui nel III trimestre del 2019 il reddito delle famiglie è cresciuto , traducendosi in maggiori consumi, con un aumento della spesa dello 0,4% rispetto al secondo trimestre. Da qui, una marginale riduzione della propensione ai risparmi pari all’8,9% (-0,1 punti percentuali sul trimestre precedente).
Tale flessione è derivata da una crescita della spesa per consumi finali lievemente più sostenuta rispetto a quella registrata per il reddito disponibile lordo (+0,4% e +0,3% rispettivamente).
Il reddito disponibile delle famiglie infatti nel III trimestre del 2019 è salito ancora (è in positivo dall’inizio dell’anno), ma la crescita congiunturale , pari allo 0,3% ha perso vigore rispetto al trimestre precedente (+1,0%). Stesso discorso per il potere d’acquisto , che ha registrato identici valori, “grazie alla dinamica nulla dell’inflazione”.
Quanto all’indebitamento delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil, nel III trimestre 2019, è risultato pari all’1,8%, invariato rispetto allo stesso periodo del 2018, mentre nei primi 9 mesi del 2019 il rapporto deficit/PIL è stato del 3,2%, in miglioramento rispetto allo stesso periodo del 2018 (3,4%). Il dato è il più basso dal 2007.
La pressione fiscale, poi, è stata pari al 40,3%, -0,1 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2018. Il dato cumulato dei primi nove mesi è risultato pari al 39,2% del Pil, il valore più alto dal 2015.
La spesa per interessi passivi , pagati sul debito, invece, nel III trimestre del 2019 è scesa a 15 miliardi e 199 milioni, da 16 miliardi e 86 milioni dello stesso periodo del 2018, con un risparmio di quasi 900 milioni (887milioni di euro).
Risalita, poi, a dicembre, l’inflazione , risultata pari allo 0,5%, mentre a novembre si era fermata allo 0,2%. Un raddoppio, quindi, dovuto principalmente all’accelerazione dei prezzi dei carburanti, “componente molto volatile del paniere”.
Il tasso di inflazione nel 2019, quindi, si è attestato allo 0,6% , un valore dimezzato rispetto a quello del 2018 (+1,2%). Dato, che ha confermato la debolezza mostrata dall’indice nel corso dell’intero anno.
In ultimo, a dicembre, il carrello della spesa , ha segnato su base annua una crescita dello 0,8%, in accelerazione rispetto allo 0,5% di novembre.
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