In occasione dell’anniversario della scomparsa, il 1°gennaio del 2003, vi proponiamo un ritratto del “cant-attore”, commediografo e chitarrista Giorgio Gaber, tra le figure più rilevanti della cultura, della musica e dello spettacolo italiano del Novecento.
di Federica Marengo domenica 27 dicembre 2020

31 dicembre 2002 . Montemagno di Camaiore ( provincia di Lucca ) . E’ il pomeriggio del giorno di Capodanno . Nella sua camera da letto , sdraiato su di una comoda poltrona , un signore sulla cinquantina ,con i capelli lunghi ingrigiti dal tempo, riposa assorto .
Mentre chiude gli occhi e , reclina all’ indietro la testa appoggiandola su di un cuscino di piume d’oca , ascolta una canzone da un paio di cuffie nere collegate ad un registratore poco distante e , con rapidi sussulti delle labbra , prova a seguirne le parole.
D’ un tratto, la penna che stringe nella mano sinistra e, con la quale giocherella ,facendola roteare tra le dita , scivola e cade sul parquet ; la bocca tace , contraendosi in un ‘ultima smorfia che simula un sorriso : la vita finisce , ma la musica non si arresta , continua , incessante, a diffondersi nelle sue orecchie .
Gaber : “ Oh! , ma dov’è che son finito? ; perché è tutto buio ? . Non mi sarò mica addormentato? . Oh ! , proprio mentre stavo ascoltando la canzone del nuovo album ; c’è da sperare che non abbia un effetto soporifero anche sugli altri , altrimenti , quest’anno , invece che nei teatri , mi esibisco per le strade e , alla fine degli spettacoli , riscuoto l’incasso , girando con il piattino tra i passanti di buona volontà! . Oh! , ma se è un sogno , perché non mi risveglio ? ; con tutte le cose che ho da fare oggi, la pennichella , non me la posso, certo, permettere ! . Possibile che nessuno venga a svegliarmi?” .
D’improvviso , da un luogo indeterminato , una voce tuona, potente : “Gaber Giorgio ! “.
Gaber , attonito, risponde : “Presente ! . Oh ! , dai su , ma cos’è ‘sto scherzo ? ; se becco il buontempone che ha organizzato ‘sto trucco!…” .
La voce , a questo punto , tuona nuovamente : “ Gaber Giorgio ! , ma quale trucco ? ; io sono il Signore Dio tuo, detto Padre nostro e devo darti una notizia che non ti aspetti ; purtroppo , il giorno della tua dipartita è arrivato , sei morto !. Sì , ma non lamentarti ! ; sono stato discreto al punto che nemmeno te ne sei accorto ! . Ho agito nel sonno ! ; del resto, non eri tu quello che diceva che non avrebbe voluto soffrire ? . Be’! , adesso , bando ai convenevoli ! ; devo darti un’altra notizia . Vedi , tu, nel corso della tua esistenza , sei stato miscredente e, perciò, prima di ascendere al cielo dovrai espiare la tua diffidenza , aspettando un paio di secoli in questa anticamera !. Ti avverto , c’è poca luce e molta oscurità per via delle nuvole ; in compenso la compagnia è buona : pagani , scettici , agnostici… sì , ma anime rispettabili , di valore !. Be’ !, devo andare , ho tanti peccatori da mandare subito all’ Inferno! …”.
Gaber : “ Oh! , ma dov’è che è andato , Dio ? ; allora , sono morto per davvero? e che si fa in questi casi ? ; mi toccherà chiedere a qualcuno del posto ! , magari a quel tipo lì . Brav’uomo , dico a lei , sì, lei vestito da antico romano , lei con la tunica , si fermi un attimo : avrei bisogno di un‘informazione ! . Sono appena arrivato e non so cosa fare qui , potrebbe spiegarmelo lei ?” . L’anonima entità gli si avvicina , sogghignando : “Dice a me ? ; guardi che non sono un antico romano , lei ha confuso le civiltà ; io sono un greco dell’ età di Pericle . Mi presento , mi chiamo Diogene di Sinope ,detto “Il Cane” … Sono nato a Sinope , in Grecia , nel 412 a.C. e sono morto a Corinto nel 323 a .C. . Sono un libero pensatore, un cinico e sono qui già da molti secoli ; capisco il suo smarrimento ! . Pensi , tuttora, io confondo l’Onnipotente con Zeus !” .
Gaber : “ Senta ,Diogene, per stare meno scomodi non sarebbe meglio che ci sedessimo su quella botte ?” .
Diogene : “No ! , per carità ! ; quella è casa mia , il mio rifugio ; non se ne parla ! . Senta , Gaber , perché , invece, non parliamo di lei ? ; io la conosco , conosco la sua storia! . Noi , da qui , possiamo vedere i vivi ; sappiamo cosa combinano laggiù , sulla Terra . Ho visto i suoi spettacoli teatrali e, devo dirle la verità , mi hanno ricordato i miei discorsi pubblici . Anch’io parlavo al popolo della società , dei suoi artifici e predicavo il ritorno alla spontaneità di una vita vissuta all’ insegna della naturalezza , da cui dovessero essere bandite le convenzioni , le ipocrisie della morale e l’inganno dei riti collettivi . Non mi limitavo all’ invettiva , sa ? ; alle parole seguiva l’esempio ; infatti , conducevo un ‘esistenza randagia come quella dei cani , dormivo in una vasca, quella del tempio della Dea Cibele e mangiavo e bevevo con le mani, avendo distrutto una ciotola di legno , mio unico avere . Disprezzavo il denaro , la vanagloria e non avevo timore o riverenza nei confronti del potere . Il Re Alessandro , passato alla storia come “Il Grande”, un giorno, si frappose tra me e il Sole , dicendo – Io sono Alessandro , il gran Re – . Gli risposi – Io,sono Diogene , “il Cane” – … Il Re rimase stupito e chiese perché mi definissi “cane”; replicai: – Mi dico cane perché faccio le feste a chi mi dà qualcosa , abbaio contro gli ingenerosi e mordo i ribaldi – … Non credevo nelle divinità e nelle idee astratte , ma solo nella virtù e nella moralità che si conseguono mediante l’ autocontrollo , unica via per tenere lontani da sé i piaceri e approdare alla bontà autentica . Platone mi definiva un “ Socrate impazzito”, perché ,come il maestro di Atene, avevo una missione : migliorare la società! . Pochi condividevano il mio operato e i miei modi irriverenti e contrari al buon costume ; tra questi , mi piace annoverare l’imperatore romano Giuliano che, di me, scrisse – “Si sbaglierebbe a prendere per indizio di empietà il fatto che non frequentasse i templi e non venerasse le immagini e gli altari . Diogene , non aveva niente da offrire né incenso né libagioni, né denaro, ma possedeva una giusta nozione degli Dei e questo solo bastava . Perché egli li adorava con l’anima , offrendo il bene più prezioso, la consacrazione della sua anima attraverso il suo pensiero” – .
Gaber : “ Oh ! , ma lo sa che la sua storia è avvincente ! e, poi anch’io sono stato un cane sciolto ! . Aspetti , però , facciamo le cose per bene : mi presento , anche se di me , lei sa già tutto !… Mi chiamo Giorgio Gaberscik , cognome d’arte , Gaber . Sono nato il 25 gennaio del 1939 , a Milano e sono morto … oggi : beh!, lasciamo perdere , che se no , mi incacchio ! . Mia madre , Carla Mazzoran , era veneziana , casalinga ; mio padre Guido ,istriano e impiegato….. poi chi c’era …. a sì ,mio fratello maggiore Marcello , geometra con l’hobby della chitarra . Ci trasferimmo tutti a Milano , in cerca di fortuna e andammo ad abitare in Via Londonio al numero 28 , in un quartiere piccolo-borghese . A otto anni , ebbi un infortunio al braccio sinistro e sviluppai una paralisi alla mano .Il medico mi impose una faticosa rieducazione motoria ed io scelsi la chitarra : tutta la mia carriera è nata da questa malattia! . I miei chitarristi modello furono i jazzisti americani BarneY Kessel , Tal Farlow , Billy Bauer e l’ italiano Franco Cerri ; per me, allora, suonare era un divertimento , uno svago dallo studio . Nel 1954 , entrai come chitarrista nel gruppo di Ghigo Agosti , Ghigo e gli arrabbiati ; ci esibimmo ad un festival jazz e in una serie di locali. Poi, passai nel complesso di Adriano Celentano , i Rock Boys ; iniziò , così, la mia amicizia con Enzo Jannacci che, di quella formazione , era il pianista . Nel 1957 , divenni il chitarrista dei Rocky Mountains Old Stompers ,di cui faceva parte un giovane cantautore genovese, Luigi Tenco . Suonammo , per mesi ,in un celebre club di Milano , il Santa Tecla . Nel 1959 , Nanni Ricordi , direttore artistico della omonima casa editrice musicale , mi invitò ad un provino e cominciai la mia esperienza di solista e interprete della musica leggera , pubblicando un 45 giri di quattro canzoni , fra cui Ciao ti dirò , uno dei primi brani di rock all’italiana . Nonostante tutto , non dimenticai i miei compagni di gavetta e , nel 1960 , formai con Enzo Jannacci il duo , I Due Corsari , incidendo insieme a lui canzoni di successo quali : Una fetta di limone . Proprio nel 1960 , raggiunsi la popolarità con il lento Non arrossire , scritto con la mia fidanzata , l’attrice Maria Monti , con la quale portai in scena, al Teatro Girolamo di Milano , un recital dal titolo: Il Giorgio e la Maria . Intense furono anche le collaborazioni con lo scrittore Umberto Simonetta e con il pittore viareggino Sandro Luporini , con i quali composi brani come : La ballata del Cerutti e Trani a gogò del 1962 , Goganga e Porta Romana del 1963 ,Barbera e champagne del 1970 . Nello stesso periodo, poi, fui attratto dalla canzone francese ,d’impegno culturale e dal suo rappresentante di punta , lo chansonnier Jacques Brel. Il 12 aprile del 1965 , sposai la studentessa universitaria milanese Ombretta Colli e , il 2 gennaio del 1966 , nacque nostra figlia, Dahlia . Tra il 1968 e il 1969 , partecipai a numerose trasmissioni televisive , nelle vesti di presentatore/ cantante , lanciando i tormentoni Come è bella la città , Il Riccardo e Torpedo blu . Nel 1970 , all’apice della celebrità , decisi di abbandonare il piccolo schermo per salire sul palcoscenico. La fine degli anni Sessanta era un periodo straordinario , carico di tensione , di voglia , al di là degli avvenimenti politici che conosciamo e fare televisione era diventato dequalificante . Mi nauseava un po’ una certa formula , mi stavano strette le sue limitazioni di censura , di linguaggio , di espressività e allora mi dissi ,- d’accordo , ho fatto questo lavoro e ho avuto successo , ma ora a questo successo vorrei porre delle condizioni- . Mi sembrò che l’attività teatrale riacquistasse un senso alla luce del mio rifiuto di un certo narcisismo . Le entrate erano sicuramente minori rispetto ai proventi derivanti dalla vendita dei dischi , ma guadagnavo abbastanza da non dover soffrire la scelta di campo . Rispetto al denaro , io penso che se si riesce a guadagnare una lira di più di quello che è necessario per vivere discretamente si è ricchi. In Televisione , mi sentivo ingabbiato, costretto a recitare il ruolo di affabulatore e , quindi, con Sandro Luporini mi decisi a portare in scena il nuovo genere del Teatro –canzone . Lavoravamo in modo curioso . Ci vedevamo d’estate a Viareggio , dove lui faceva il pittore e parlavamo di quello che ci interessava e di ciò che accadeva intorno a noi : potevano essere gli argomenti più svariati , che so , la paura della guerra , il bisogno di divertirsi o il problema dell’ inquinamento . Così , il 21 ottobre del 1970 , al Teatro S Rocco di Seregno , presentammo Il Signor G , un personaggio che recitava se stesso , un signore come tanti ,in cui potevano identificarsi tante persone . La formula in un primo momento comprendeva solo canzoni e piccoli interventi parlati , dove si affrontava e si sviluppava un tema . Capii che quella era la mia strada , ma ebbi un po’ di paura , perché , all’ inizio, nessuno veniva più a vedermi ; però , nonostante lo choc , dentro di me sentivo che era giusto farlo e , per scagliarmi contro l’ipocrisia e la falsa coscienza del paese, diventai aggressivo e arrabbiato . Nella stagione teatrale 1971-72 , concepimmo Storie vecchie e nuove del Signor G : il tema dominante era il dialogo tra G , uomo adulto e i giovani . Nel 1972- 73 , fu la volta di Dialogo tra un impegnato e un non so in cui trattammo , in modo originale argomenti quali la disumanizzazione dell’ individuo nel mondo capitalizzato e la presa di distanza dai moralisti e dagl’ ‘intellettuali , urlando loro in faccia che La libertà è partecipazione . Nel 1973-74 , elaborammo il testo Far finta di essere sani in cui sottolineammo l’incapacità di far convergere gl’ ideali con il quotidiano , il personale con il politico . Il Signor G viveva ,nello stesso momento , la voglia di essere una cosa e l’impossibilità di esserla .Questo spettacolo segnò la rottura tra me e il Movimento di sinistra , incapace di aggregare gli individui, se non cedendo al processo di massificazione. Nel 1974-75 , ci soffermammo sui reduci del ’68 e sulla crisi dell’individuo con la sua perdita di identità , il suo non sapere chi è , il suo bisogno di avere una carta d’identità per riconoscersi e per togliersi di dosso il peso della produzione . Frutto di questa riflessione fu Anche per oggi non si vola, in cui insinuavamo il dubbio che il bisogno di cambiamento di quegli anni si stesse dissolvendo in una sorta di moda o di atteggiamento di comodo . Nel 1976-77 , proponemmo alle platee Libertà obbligatoria in cui analizzammo il rapporto tra individuo e Sistema , tra coloro che l’accettano passivamente e coloro che si pongono, rispetto ad esso, in modo antagonistico. Nel 1978-79 , Polli di allevamento fu il recital della svolta : espressi in esso la mia delusione verso quei giovani che affermavano di lottare contro il Sistema , mentre in realtà la loro era una finta battaglia , un atteggiamento . L’accoglienza nelle sale fu difficile ; fui bersaglio del lancio di oggetti e di insulti da parte degli spettatori appartenenti a quelle aree politiche che guardavano con sospetto il teatro-canzone . Scesi dal palcoscenico per due anni . Intanto, nel 1980 , pubblicai l’album Pressione bassa e il brano Io se fossi Dio, concepito nel 1978 dopo l’assassinio dell’ On Aldo Moro operato dai terroristi delle Brigate rosse . Ormai ,avevo scelto di essere un libero pensatore, in lotta contro qualsiasi parte politica e , in quanto tale, di dar voce, come un Cèline o un Gicomo Leopardi, alla sfiducia nei confronti dell’uomo . Ritornai in teatro soltanto nel 1981-82 , con lo spettacolo Anni affollati : più conciso e colto , ma ugualmente tagliente nel rappresentare il distacco tra il furore degli anni Settanta e la condizione sociale degli anni Ottanta e l’astio verso le idiozie e le bassezze del mondo. Dal 1982 al 1985 , mi allontanai dal Teatro- canzone e ideai e interpretai ,al fianco dell’attrice Mariangela Melato, una commedia in due atti : Il caso di Alessandro e Maria . Ritrovai l’amico Enzo Jannacci , con il quale rileggemmo le canzoni de I Due Corsari in chiave Blues Brothers . Dal 1984 al 1988 , tornai al teatro con Io se fossi Gaber , nato dalla polemica sul termine Massa e su coloro i quali avevano ceduto alla logica del mercato e al cattivo gusto . Dal 1989 al 1991 ,portai in giro per l’Italia il recital in prosa Il Grigio , le confessioni di un topo che si ritira da un mondo che non gli piace e va a vivere in una casa isolata : lì è assalito dalle ansie sulla sua vita e sprofonda in un ‘ossessiva analisi di se stesso, dalla quale riemerge , accettandosi. Nel 1992 , realizzai un monologo inedito Qualcuno era comunista , lucida riflessione su quello che il Comunismo aveva significato, per molti ,in termini di speranza e di illusioni . Il 13 aprile del 2001 ho pubblicato l’album La mia generazione ha perso e ,prima di morire , stavo lavorando ad una canzone inedita : Io non mi sento italiano … Non ero un cattolico , ma ho sempre pensato al mistero ; sono stato anch’io un uomo di Fede , a modo mio! . La Fede , mi ha detto un prete ,- E’ una ferita che ci portiamo dentro e che dobbiamo cercare di rimarginare ,pur sapendo che ciò non accadrà mai – . Mi sta bene! ” . Diogene : “ Mi farebbe ascoltare la canzone che stava componendo laggiù , prima di andarsene?”.
Gaber , dopo aver annuito con un movimento lento del capo , intona : “Io non mi sento italiano , ma per fortuna o purtroppo lo sono / questo Bel Paese pieno di poesia ha tante pretese, ma nel nostro mondo occidentale è la periferia / mi scusi Presidente, ma questo nostro Stato che voi rappresentate mi sembra un po’ sfasciato / è anche troppo chiaro agli occhi della gente che è tutto calcolato e non funziona niente / sarà che gli Italiani per lunga tradizione son troppo appassionati di ogni discussione / persino in Parlamento c’è un ‘aria incandescente / si scannano su tutto e poi non cambia niente. / Mi scusi Presidente lo so che non gioite, ma il grido Italia Italia c’è solo alle partite / ma un po’ per non morire o forse un po’ per celia / abbiam fatto l’Europa facciamo anche l’Italia ./ Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono! …”.
© Riproduzione riservata