-Le principali novità introdotte nel Decreto sulle Intercettazioni (DL n.161/2019), convertito in legge qualche giorno fa ,grazie al via libera definitivo della Camera.
-Le rimostranze di avvocati e magistrati.
di Federica Marengo domenica 1 marzo 2020

Foto: dalla Rete
Nella giornata di giovedì 27 febbraio, la Camera ha dato il via libera definitivo, con 246 voti favorevoli e 169 voti contrari, espressi con modalità segreta richiesta dalla Lega, al Decreto sulle Intercettazioni (DL n. 161/2019), sul quale era stata posta dal Governo la questione di fiducia sia al Senato che alla Camera, approvata poi , durante l’iter,da entrambe i rami del Parlamento.
Il provvedimento, che modifica la riforma Orlando del 2017 per alcuni aspetti sostanziali , ne dispone l’entrata in vigore a partire dal 1 maggio prossimo e verrà applicato alle indagini sulle notizie di reato iscritte, a partire da quella data.
Gli obiettivi della suddetta riforma, illustrati dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, sono due: 1) coniugare le esigenze di riservatezza e privacy delle persone non indagate, con la libertà di stampa e 2)aggiornare le regole che disciplinano l’esecuzione delle intercettazioni, in versione telematica ed informatica, potenziandole come strumento di indagine.
Tra gli strumenti che consentono di realizzare le intercettazioni vi sono : i Trojan, ovvero dei software “malevoli” che vengono introdotti all’insaputa del soggetto attenzionato in Pc o in dispositivi mobili per “captare” conversazioni, immagini, messaggi e monitorare spostamenti e incontri, potendo registrare con videocamera.
Fino ad oggi, la Corte di Cassazione ne aveva autorizzato l’uso per i reati di maggiore gravità, come quelli di associazione di stampo mafioso e terrorismo, poi, già con la riforma Orlando e con le successive modifiche apportate dalla legge Spazzacorrotti del 2019 , a firma del Guardasigilli Bonafede, le cose sono cambiate.
Se, infatti, la riforma Orlando prevedeva la legittimità dell’uso dei Trojan nelle inchieste per i reati gravi , solo per le intercettazioni di comunicazioni tra presenti, la legge Spazzacorrotti ha esteso l’utilizzabilità dei “captatori” ai reati contro la pubblica amministrazione commessi da pubblici ufficiali, punti a partire da 5 anni di reclusione.
Ora, con le ulteriori modifiche apportate al testo, sarà possibile usare i Trojan anche in caso di reati contro la pubblica amministrazione commessi da incaricati di pubblico servizio, puniti con la reclusione oltre i 5 anni e le intercettazioni potranno avvenire anche nei luoghi di dimora privata (come già previsto dalla legge Spazza-corrotti per i pubblici ufficiali), ma “previa indicazione delle ragioni che ne giustificano l’utilizzo”.
Inoltre, i risultati delle intercettazioni potranno essere usati in procedimenti diversi da quelli in cui sono stati disposti, solo se “indispensabili” e “rilevanti” per l’accertamento di reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza e di quelli di particolare gravità indicati tassativamente dall’articolo 266 del codice di procedura penale. “Indispensabilità”,che è requisito necessario anche per le intercettazioni realizzate con i Trojan.
Una novità, questa, inserita tramite emendamento nel testo originario del Decreto ,che amplia la previsione di una sentenza delle Sezioni unite della Cassazione, la quale prevedeva l’impossibilità di usare le intercettazioni per un reato diverso che non fosse connesso a quello originario o non fosse autonomamente intercettabile.
Le nuove norme, poi, intervengono anche sulla gestione dell’archivio delle intercettazioni, confermando la riforma Orlando, che stabilisce modalità di conservazione le quali incentivino alla digitalizzazione dello stesso, ne tutelino la segretezza e ne regolamentino l’accesso.
A tal proposito, i difensori delle parti potranno non solo ascoltare le registrazioni, ma anche ottenere una copia sia delle registrazioni che degli atti custoditi in archivio.
L’avviso della conclusione delle indagini preliminari, infatti, deve contenere anche l’avvertimento che l’indagato e il suo difensore hanno la facoltà di : esaminare tramite via telematica gli atti relativi alle intercettazioni, ascoltare le registrazioni ed estrarre copia delle registrazioni o dei flussi indicati dal Pubblico Ministero come “rilevanti”, riconoscendo al difensore la facoltà di depositare entro venti giorni,l’elenco delle ulteriori registrazioni considerate “rilevanti” ,di cui chiede copia.
Ed è proprio per consentire alle Procure di organizzare archivi digitali per la conservazione delle intercettazioni, come richiesto peraltro dagli stessi uffici e dal Consiglio Superiore della Magistratura, che il termine per l’applicazione della riforma, previsto per il 1 marzo, è slittato alla data del 1 maggio 2020.
Infine, a selezionare le intercettazioni e a valutare quali colloqui siano più o meno rilevanti per le indagini , sarà di nuovo il magistrato e non più la Polizia giudiziaria.
Il magistrato, dunque,controllerà che nei verbali non siano riportate espressioni che ledano la reputazione di singole persone o dati personali( “salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini”).
Quindi, come avveniva prima della riforma Orlando del 2017, verbali e registrazioni saranno trasmessi immediatamente al Pubblico Ministero, che provvederà a depositarli entro 5 giorni.
Quanto ai giornalisti, invece, restano in vigore le regole attuali: pertanto, coloro che pubblicheranno un’intercettazione ,non rischieranno più di essere incriminati per violazione di segreto d’ufficio.
E se , in linea generale, l’Associazione Nazionale Magistrati ritiene che la nuova normativa “vada nella giusta direzione”, in quanto sembra essere stato “migliorato il meccanismo di selezione delle conversazioni intercettate”, alcuni esponenti della categoria , come il togato di Magistratura Indipendente, Antonio D’Amato, hanno espresso qualche preoccupazione.
Il giudice, raggiunto dall’agenzia AdnKronos, ha evidenziato infatti come “si prevedano nuovi oneri a carico dei Pm senza risorse, scaricando così sull’autorità giudiziaria una serie di nuovi aggravi , come l’archivio informatico, senza dotare le Procure delle risorse economiche necessarie”.
Nettamente critico il Presidente dell’Unione Camere Penali italiane, Gian Domenico Caiazza, che , in una nota, ha evidenziato come dell’intenzione alla base della riforma Orlando, ovvero quella di “porre un freno alla pubblicazione indiscriminata e incontrollata da parte dei media delle conversazioni private, non vi sia rimasta traccia”, ravvisando nelle norme approvate una “grave violazione della privacy della persona”, messa in atto da un Governo, che ha definito “giacobino”, concludendo: “ Un po’ di freno alla Polizia Giudiziaria , ipertrofia dei poteri del pm, nessuna sanzione seria per chi rivela particolari privati delle intercettazioni. Invece ampliamento a strascico dei reati, per cui ti autorizzo per il reato A, ma ,se scopri anche B e C ,prendi pure, non si butta nulla, anche mediante Trojan, un virus informatico che trasforma il tuo cellulare nel tuo microfono, e che ti segue ovunque tu vada, facendosi finta di accendere e spegnere se vai alla toilette o in camera da letto, come se fosse mai davvero possibile. Sono decenni che rigorosi principi vengono erosi da norme e da interpretazioni di norme sempre nel segno di ampliarne e garantirne la violazione. I reati per i quali sono consentite le intercettazioni sono in numero sempre crescente ; le motivazioni autorizzative sempre meno stringenti e sempre più generiche e stereotipe; l’impunità di chi rivela particolari privati, conclamata”.
Tuttavia, il Guardasigilli Bonafede, ha rassicura, rimarcando: “Le intercettazioni sono uno strumento irrinunciabile. La legge appena approvata potenzia le intercettazioni come strumento di indagine ,ma al contempo garantisce una difesa solida della privacy. E’ stato trovato un buon punto d’equilibrio , per cui ringrazio tutte le forze di Maggioranza ”.
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