-Crisi di Governo, Conte lavora all’allargamento della Maggioranza,ma i numeri per la costituzione di un gruppo parlamentare sono esigui, specie al Senato. Per questo, si ragiona su un possibile slittamento a giovedì del voto a Palazzo Madama sulla relazione del ministro della Giustizia, Bonafede, previsto per mercoledì 27 ,per avere più tempo a disposizione per trattare con i “responsabili”, attinti dall’area moderata di Centro (Forza Italia o i parlamentari di Italia Viva), e assicurare il via libera al documento del Guardasigilli. Tuttavia, il mediatore dei “costruttori”, Tabacci (Centro-democratico), insiste per un Conte Ter (ovvero dimissioni del Premier e nuovi Ministri). Pd, M5S e LeU, invece, rinnovando la fiducia in Conte e chiudendo all’ipotesi del “Governo istituzionale” e a un reingresso nell’Esecutivo di Renzi (ma non ai parlamentari renziani), insistono sul rimpasto con rafforzamento della Maggioranza. Sul fronte delle Opposizioni di Centrodestra, no dei partiti della coalizione a un “Governo istituzionale”, auspicato dai partiti minori come “Cambiamo”e ritorno alle urne, guardando al Colle come garante in caso di dimissioni da parte di Conte.
-Recovery Plan, le indicazioni della Commissione UE ai 27 Paesi per spendere i fondi del programma e l’invito ad attuare le riforme, specie per quegli Stati con debito eccessivo come l’Italia, a cui viene chiesto di mettere mano alla Giustizia, alla semplificazione e alla sburocratizzazione per favorire le imprese, e alle pensioni. Intanto, l’Unione Nazionale dei Consumatori fa sapere che l’Italia, nel 2020, ha registrato una deflazione per la terza volta dal 1959.
di Federica Marengo sabato 23 gennaio 2021

Il punto di riferimento dei moderati del Centro-democratico e dei “responsabili”alla Camera, Tabacci, ieri, in visita a Palazzo Chigi dal ministro degli Esteri Di Maio, è stato chiaro: l’unica ipotesi plausibile è quella di un Conte Ter, ovvero che il Premier si dimetta al Colle per favorire la nascita di un nuovo Governo con nuovi Ministri. No, ad un rimpasto, dunque, poiché i numeri dei parlamentari aderenti alla nuova Maggioranza, specie, al Senato, sarebbe insufficiente.
Tuttavia, Conte sembrerebbe intenzionato ad andare avanti nel tentativo di allargare e rafforzare la Maggioranza per rilanciare il patto di legislatura e l’azione di Governo, guardando all’area di Centro (europeisti, liberali, socialisti) che si salderebbe al gruppo del Maie (Italiani all’Estero)Italia23, dando vita a un gruppo organico e solido con obiettivi chiari sia alla Camera che in Senato.
Il tempo, però, sembra stringere e l’Esecutivo , pur avendo ottenuto la fiducia seppur risicata dal Parlamento appena una settimana fa, già sembra a rischio: banco di prova per la sua sopravvivenza, infatti, è il voto sulla relazione riguardante la Giustizia del Guardasigilli Bonafede, ai voti delle Camere mercoledì 27 gennaio , sebbene il voto al Senato potrebbe slittare a giovedì, proprio per concedere alla Maggioranza ulteriore tempo per trovare “costruttori”, e non rischiare la bocciatura del documento, specie a Palazzo Madama ,dove i numeri sono risicati, vista la contrarietà già espressa da Italia Viva, e i dubbi sul testo e sulle posizioni troppo giustizialiste del ministro della Giustizia Bonafede, palesati dalla “responsabile” del Gruppo Misto, ex Forza Italia, Lonardo.
Sulla stessa linea di Conte, il Pd, con l’ideologo dem Bettini, che , però, in caso di fallimento dell’iniziativa, non ritiene peregrina l’ipotesi di un ritorno alle urne. Quest’ultimo, infatti, nel corso dell’assemblea del Pd della provincia di Roma, ha spiegato: “Oggi, la situazione si fa molto difficile, va monitorata momento per momento, non ho la soluzione. Navigare in questa situazione è molto difficile. Ma so cosa, come Pd, siamo obbligati a fare: abbiamo avuto una fiducia risicata, neanche con i numeri della maggioranza assoluta al Senato, e però l’abbiamo avuta. La prima cosa è dare un segnale agli italiani su un punto: non abbiamo la scelta ma l’obbligo di governare in queste ore rispetto alle esigenze pressanti del Paese. Ma va anche detta la verità: se con questo voto di fiducia possiamo affrontare l’emergenza, non è pensabile con questi numeri di concludere la legislatura e fare il patto di legislatura che volevamo fare prima della crisi, né possiamo fare gli assetti necessari del governo, che necessitano una maggioranza più larga. Ci rimane soltanto di cercare nelle prossime ore di costruire un gruppo politico dentro il Parlamento che non sia un recipiente vuoto di idee per mettere insieme transfughi ma che sia una cosa che politicamente esiste ed è fortissima, perché certe forze sono prigioniere dell’altro campo. Ho letto Brunetta su Europa e Recovery fund. Deve essere un’operazione politica” con “tutte le forze di buona volontà che credono nell’Europa, che non vogliono stare sotto il tallone di Salvini e Meloni ma dovrebbero essere il primo nucleo di un’area moderata, liberale. Così si isolerebbero le forze di destra”.
Quindi, sulla possibilità di riaprire al leader di Italia Viva, Renzi, in queste ore disposto a un dialogo, ha precisato: “La crisi è incomprensibile ma non dal disegno politico di Renzi. La vera strategia di Renzi è stata fin dall’inizio ridurre il Pd al 6% come i socialisti francesi e fare Macron. Questa roba non ha funzionato, questo è il dramma, che quello spazio che lui immaginava non c’è stato. Calenda, Renzi e la Bonino hanno potenzialmente un’area del 10% e rompono le scatole, questo è il punto. Renzi ha visto una sua crisi politica e ha rotto per questo, coerente con la sua impostazione di fondo, fallita, per riaprire i giochi, avere più protagonismo, rompere uno schema funzionale anche al futuro tra Pd, M5s e Leu. Renzi ha voluto determinare una frattura ed è entrato in una contraddizione ridicola. Gliel’ho detto personalmente, hai fatto un casino, hai rotto un percorso coerente e poi hai detto chiamateci. Ma che serietà, che coerenza ha una politica di questo genere?. Si può dire a Renzi abbiamo scherzato, va bene, riapriamo il dialogo. Per come si è comportato anche all’opinione pubblica non so quale credibilità potrebbe avere. La politica non esclude nessuna verifica ma la ritengo una strada sbagliata. Se fosse determinante Renzi, ci metterebbe ancora più nei guai perché determinerebbe tra due settimane le stesse fibrillazioni. Purtroppo Renzi è una garanzia di instabilità della politica”.
A lanciare l’allarme sul pericolo di una bocciatura alla relazione del ministro della Giustizia,è però, in serata, il Vicesegretario del Pd, Orlando, che ha detto: “Mercoledì si andrà a votare la relazione sulla giustizia del ministro Bonafede. Sarà un passaggio molto difficile, non si discuterà davvero della relazione di Bonafede, ma della politica sulla giustizia che è stata fatta nei mesi scorsi. Non solo su quel terreno è difficile allargare la Maggioranza, ma è difficile tenere insieme la Maggioranza acquisita. Quindi, riteniamo che ci voglia una iniziativa politica del Governo e del ministro Bonafede per dare il segnale di un fatto nuovo senza il quale si rischia di andare a sbattere. Cosa intende per iniziativa politica Orlando? Un cambio dell’agenda? Rimettere mano alle riforme? O ridiscutere totalmente l’orientamento dell’esecutivo sulla giustizia? Di sicuro l’allerta del numero due di Nicola Zingaretti è circoscritto visto che definisce “difficile tenere insieme la maggioranza acquisita”.
Poi, sull’ipotesi di “cambiare Conte”, avanzata da un utente durante una conversazione Social, il Vicepresidente dem, ha replicato: “Io non credo sia vero. Ci sono ostacoli che la rendono impercorribile. Il primo è che Conte è un punto di equilibrio in una Maggioranza tenuta con gli spilli. Il secondo è che non sarebbe giusto, perché riteniamo che questo governo non abbia lavorato male, e questo penso l’abbia capito anche larga parte dei nostri elettori. Io ho manifestato molte critiche a Conte, non sono un fan, ma le nostre critiche sono state sempre costruttive”. Orlando poi replica alle accuse dei renziani contro l’esecutivo, colpevole dal loro punto di vista di voler allargare la maggioranza con i responsabili. Credo ci sia una doppia valutazione, se un esponente politico passa a Italia viva dal centro moderato, dalla destra moderata, diventa un riformista. Se passa al campo politico che sostiene il governo diventa un voltagabbana, un prezzolato. Non c’è stata nessuna promessa di posti e prebende per una scelta che ritengo naturale”.
Concorde nel fare le barricate intorno al Premier e nell’allargare la Maggioranza ai parlamentari di moderati e di Italia Viva, ma non a Renzi ,anche il M5S , con il ministro degli Esteri Di Maio , che, sottolineando i dati positivi dell’export in una lettera inviata a Il Sole24 Ore, ha scritto: “Oggi i risultati arrivano, mentre c’è chi alimenta una inutile propaganda politica che danneggia gli italiani. I dati Istat certificano che l’export continua a crescere. Ci sono due categorie di persone in politica: quelle che se ne approfittano, insomma chi trama e improvvisa giochini di palazzo per i propri interessi personalistici e poi c’è chi la politica la fa. Il momento che stiamo attraversando è complicatissimo. La crisi in corso rischia di avere pesanti ripercussioni sulla nostra economia e in queste ore stiamo lavorando intensamente per offrire un’opportunità di coesione intorno ad un progetto politico chiaro e trasparente. I cittadini, le famiglie, le fasce più fragili, ma soprattutto il nostro comparto produttivo chiedono di essere ascoltati. E ritengo che alla base di ogni scelta o iniziativa politica la pianificazione sia un elemento propedeutico e centrale. Un piano, che oggi sta già offrendo i primi – seppur parziali – segnali di ripresa. Il dato tendenziale e congiunturale sulle esportazioni del mese di novembre, che l’Istat ha certificato pochi giorni fa, testimonia infatti ancora una volta le straordinarie capacità dei nostri imprenditori, evidenziando un elemento chiave, ovvero che la crescita si ottiene solo perseguendo un progetto ispirato a una visione. Vale per le imprese, chiamate quotidianamente a reinventarsi per rafforzare la loro presenza sui mercati domestici e internazionali. Vale per le Istituzioni, che devono accompagnarne e stimolarne al meglio lo sviluppo e la competitività, garantendo così al Paese benessere e occupazione. Ci attendono ancora mesi assai complessi. La speranza che questi dati oggettivamente ci infondono non deve far abbassare la guardia. Continuità nelle politiche, impegno costante, dialogo incessante sono tre elementi indispensabili per consolidare i risultati ottenuti e utilizzarli da base per quelli futuri. Tanto nel campo dell’internazionalizzazione che in quello, assai più vasto, delle riforme e delle politiche industriali: da qualunque angolo lo si voglia vedere, l’Italia riparte solo con un progetto chiaro, attorno al quale possano convergere tutti i portatori di interesse. Per rilanciare il Paese, servono tempo, agibilità politica, coesione, chiarezza di visione e capacità attuativa: una sfida nella sfida, per l’Italia, che però vogliamo cogliere e che possiamo vincere”, riecheggiato dalla Viceministra all’Economia, in quota pentastellata, Castelli: “Mentre tutto sembra precipitare, i dati sulle esportazioni dei prodotti italiani confermano il continuo aumento. E questo ci dimostra che l’economia, il Paese, ripartono solo con un serio e costante lavoro di pianificazione, programmazione, interventi per lo sblocco degli investimenti e, soprattutto, grazie al lavoro di squadra. Quello sulle esportazioni è un risultato frutto, in primo luogo, della tenacia delle imprese italiane, ma anche di quel Patto per l’Export, fortemente voluto dal Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che ha rimesso attorno ad un tavolo Governo e attività produttive, per dare al Sistema Paese una più ampia prospettiva di sviluppo. Un lavoro costante che vede lo Stato nel ruolo di regista, a coordinare e supportare tutti gli attori in campo. È una visione, quella che serve al Paese. Una prospettiva. Non costanti distinguo, ma un lavoro silenzioso e soprattutto di sinergia. Perché l’Italia, quando gioca tutta assieme la stessa partita, non è seconda a nessuno”.
“Tempo per polemiche e tatticismo finito”, anche per LeU, con il capogruppo alla Camera Fornaro, che ha evidenziato: “Aver aperto una crisi al buio, per pervicace volontà di Italia Viva, sta giustamente preoccupandogli italiani e chi guarda all’Italia dall’estero. Cittadini e imprese chiedono di essere protette dalla crisi economica e dalla diffusione del Covid 19 ed invece la politica è tenuta sotto scacco da chi pensa di trarre vantaggi di parte dalle fibrillazioni e dalle polemiche. Il Governo è pienamente legittimato dal voto di fiducia della Camera e del Senato, ma occorre consolidare la sua base parlamento e soprattutto approvare rapidamente in Parlamento la bozza del Recovery plan anche alla luce dei contributi delle parti sociali. Il tempo delle polemiche sterili e dei posizionamenti tattici è finito: l’Italia ha bisogno di governare questa fase difficile e complessa per uscire da questa crisi più forte, più green e più giusta”.
Sul fronte del Centrodestra, invece,tramontata l’ipotesi del sostegno a un Governo istituzionale, auspicato dal leader di Cambiamo e Presidente della Regione Liguria Toti, cui ha chiuso anche la Vicepresidente della Camera, forzista moderata, Carfagna, la posizione ufficiale della coalizione è stata confermata dal Presidente Berlusconi, che , in una nota, ha dichiarato: “L’attuale emergenza richiede soluzioni di alto livello e l’unità sostanziale del Paese. Sono soluzioni che sto invocando da mesi, purtroppo finora inascoltato. In circostanze normali, la strada più lineare sarebbe restituire la parola ai cittadini che attribuirebbero al centro-destra quella stessa maggioranza che abbiamo ottenuto in quasi tutti gli appuntamenti elettorali parziali negli ultimi anni. Ma gli italiani oggi non ci chiedono di pensare all’interesse di parte: una classe dirigente degna di questo nome pensa prima all’interesse collettivo. Per questa ragione noi avevamo avanzato la proposta di un governo di unità nazionale, proposta che è stata però subito esclusa dal Partito Democratico e dai Cinque Stelle. E’ chiaro che questo rifiuto avvicina il ricorso alle elezioni anticipate. Ci siamo rivolti al Capo dello Stato affinché fosse lui ad individuare la soluzione più adeguata e più saggia, capace di coniugare il rispetto della volontà popolare e la gravità del momento di emergenza che stiamo attraversando. Finora i partiti della Maggioranza hanno lasciato cadere questo appello a soluzioni condivise, preferendo tattiche parlamentari di corto respiro. Di fronte a questo, abbiamo constatato che una paralisi di due mesi per le elezioni farebbe meno danni rispetto ad una paralisi di due anni di non-governo. Ma è evidente che il Paese ha bisogno di concordia e di efficienza, non di paralisi che, lunghe o brevi che siano, in questo momento non farebbero il bene dell’Italia. Sono davvero preoccupato: mi pare che la paralisi politica si trascini senza sbocchi. Eppure è ogni giorno più evidente l’abisso fra i riti di un sistema politico ripiegato su sé stesso e la drammatica crisi sanitaria, economica e sociale che il Paese sta attraversando. Vorrei che Governo e Parlamento lavorassero ogni giorno sul Recovery Fund, sul piano vaccinale, sui ristori alle categorie più colpite dalla crisi, sulle strategie per far ripartire il Paese quando finalmente la tragedia del Covid sarà alle nostre spalle. Vorrei discutere di fisco, burocrazia, giustizia, infrastrutture, lavoro. Invece l’attenzione del Governo e dei partiti della maggioranza è tutta concentrata sulla caccia a qualche senatore disposto a cambiare schieramento. Una caccia che per quanto riguarda Forza Italia è destinata a rimanere infruttuosa, e che , se anche avesse successo con parlamentari di altri partiti , sarebbe una risposta debolissima e di basso profilo di fronte all’emergenza più grave nella storia della Repubblica”.
Intanto, dalla Commissione Europea sono arrivate le indicazioni ai 27 Stati su come pianificare la spesa dei fondi del Next Generation EU, e le raccomandazioni per i Paesi con debito eccessivo, tra cui l’Italia, ai quali si raccomanda di attuare riforme già indicate in passato dall’Europa, oltre che gli investimenti.
A tal proposito, il Commissario agli Affari Economici UE, Gentiloni, ai microfoni del Tg2, ha evidenziato: “Il Recovery è l’occasione della vita. Bisogna utilizzarlo non solo per riparare i danni che abbiamo subito per la pandemia ma anche per le riforme e cioè per affrontare i punti deboli che abbiamo davanti da molto tempo. Noi quindi diciamo servono spese e investimenti ma servono anche le riforme. Quali riforme? Abbiamo bisogno di una giustizia più rapida di una pubblica amministrazione più efficiente, per creare condizioni favorevoli alle imprese e di più concorrenza e, più competizione, per rendere più dinamica l’economia. Abbiamo bisogno di meno evasione fiscale. E, se non facciamo queste riforme oggi, con questa straordinaria dotazione di risorse, quando le faremo? . Anche sui vaccini bisogna essere più veloci, ha ragione la Presidente Ursula von der Leyen, non possiamo aspettare. L’invito della Presidente si rivolge a tutti, alle case farmaceutiche per produrre rapidamente i vaccini, ma anche ai Paesi membri, bisogna accelerare l’organizzazione, la logistica”.
Quindi, dopo il confronto del Premier con i sindacati sulle modifiche alla bozza del Recovery Plan, già migliorato con le istanze dei partiti di Maggioranza, si attendono dunque incontri di lunedì e martedì con Confindustria, le associazioni di categoria delle imprese, dei commercianti e degli artigiani, e con le Regioni e gli enti locali, per poi apportare ulteriori cambiamenti e chiudere il documento che, già alle Camere, verrà poi sottoposto al voto del Parlamento e inviato in UE entro metà febbraio.
Poi, bisognerà aspettare fine aprile per il giudizio della Commissione Europea e del Consiglio Europeo.
Tutto ciò mentre l’Unione Nazionale dei Consumatori ha reso noto un report realizzato usando i dati dell’ Istat (Istituto Nazionale di Statistica), riguardante gli effetti della pandemia sulla spesa 2020 degli italiani.
Secondo tale studio, si è registrato un aumento della spesa media, in alcune città come: Bolzano (+254 euro a famiglia), Grosseto (+208) e Cosenza (+138) , mentre in un numero più ampio si è registrato un netto calo, con Venezia al primo posto ed un risparmio di 187 euro a famiglia, determinando la terza deflazione della storia del Paese: l’ultima,nel 1959.
“In testa alla classifica delle città con più risparmio c’è Venezia” , scrive l’Unione Nazionale dei Consumatori, “dove il crollo record dei prezzi dello 0,7 ha consentito nel 2020 un risparmio, per una famiglia media veneziana, di 187 euro. Al secondo Aosta, dove il calo dello 0,7% equivale a una minor spesa annua di 178 euro, sul gradino più basso del podio Verona, -0,7% pari a -177 euro. Seguono Siena, -0,6% pari a -156 euro, e al quinto Milano, dove la riduzione dei prezzi dello 0,5% equivale a -145 euro.
Il calo dei prezzi dello 0,2% ha consentito ad una famiglia italiana di risparmiare mediamente 47 euro, contenendola caduta del potere d’acquisto dovuta alla flessione del reddito disponibile delle famiglie. A livello regionale sono in deflazione tutte le città della Liguria (record a la Spezia:-0,5%, -114 euro), della Lombardia (Milano: -0,5%, -145 euro), Emilia Romagna (record a Bologna: -0,5%, -141 euro), Marche (Macerata: -0,4%, -86 euro) e Lazio (primato a Roma, -0,4%, -104 euro). In Toscana le disparità più elevate. Si passa, infatti, dal +0,8% di Grosseto, pari a +208 euro, a Siena, dove il -0,6% si traduce in una spesa inferiore di 156 euro rispetto al 2019, un divario di ben 364 euro.
Nessuna città in deflazione in Campania (i rialzi più ampi a Napoli, +0,6%, +131 euro) o in Umbria (Perugia: +0,5%, +119 euro). In Calabria si passa dal+0,7% di Cosenza (+138 euro) al -0,1% di Reggio Calabria (-20 euro), in Sicilia dal +0,5% di Trapani (+98 euro) al -0,1% di Catania (-21 euro), in Veneto dalla variazione nulla di Belluno al -0,7% di Venezia, in Friuli Venezia Giulia dal +0,1% di Trieste (+24 euro) al -0,2% di Udine (-47 euro), in Sardegna dai prezzi invariati di Cagliari al -0,3% di Sassari (-60 euro). Il fatto che il Nord sia tutto in deflazione è la dimostrazione di come il motore economico dell’Italia si sia fermato. Venezia è il caso più eclatante e simbolico, essendo la città italiana con la contrazione dei prezzi più elevata. Il crollo del turismo ha fatto precipitare la domanda di alcuni servizi. Non per niente Venezia ha il record per la riduzione dei listini dei servizi di alloggio (-10,4%, contro una media italiana di -1,6%) e dei servizi ricettivi e di ristorazione (-2,4%, contro il +0,5%dell’Italia)”.
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