La contadina cristiana del Punjab, accusata nel 2009 da alcune donne musulmane di blasfemia nei confronti di Maometto e, per questo, denunciata, arrestata e nel 2010 condannata all’impiccagione, come previsto dalla legge del Pakistan, dopo dieci anni e una sentenza di assoluzione, emanata in via definitiva a fine gennaio scorso, tra le proteste degli integralisti islamici e le mobilitazioni internazionali in suo sostegno, ha lasciato finalmente il Pakistan per raggiungere il marito e i suoi cinque figli, rifugiatisi in Canada.
di Federica Marengo giovedì 9 maggio 2019

Foto: dissidenzaquotidiana.it
Asia Naurin Bibi ha lasciato finalmente il Pakistan e adesso si trova in Canada, dove il marito e i suoi cinque figli hanno trovato rifugio già da qualche anno. A darne notizia alla CNN, il suo legale, Saif ul-Malook, che l’ha assistita nel lungo percorso verso l’assoluzione definitiva, arrivata soltanto a fine gennaio del 2019.
Tutto aveva avuto inizio il 19 giugno del 2009, quando,la Bibi, contadina proveniente dall’area centrale del Punjab, a seguito di un litigio avuto con alcune donne musulmane, mentre lavorava nel villaggio di Ittanwail, era stata accusata e denunciata da queste ultime all’imam del posto, Qari Saalam, per blasfemia nei riguardi di Maometto, reato per il quale, in Pakistan, è prevista la pena di morte per impiccagione.
Arrestata e sottoposta a regime carcerario, la donna è stata poi condannata dalla Corte del distretto di Nankana l’11 novembre del 2010 e, dopo una serie di ricorsi e conferme di condanna susseguitesi fra il 2014 e il 2017, assolta dalla Corte suprema.
Il 31 ottobre del 2018, infatti, il giudice Saqib Nisar, ha scagionato del tutto la Bibi, ratificandone, tramite sentenza, l’ innocenza e il rilascio immediato.
Rilascio, ancora una volta impedito dalla richiesta di revisione della sentenza, inoltrata all’Alta Corte da esponenti dell’estremismo islamico, contrari all’assoluzione e accolta dai giudici nel novembre dello stesso anno.
A nulla erano valse, dunque, le mobilitazioni a sostegno della donna da parte di associazioni e movimenti di carattere religioso e laico, dei familiari e del Papa, tanto che uno dei suoi avvocati, Sardar Mushtaq, per sfuggire alle minacce di morte degli integralisti, era stato costretto addirittura a fuggire.
Questo, fino al 29 gennaio 2019, quando la Corte Suprema del Pakistan ha deciso e , questa volta definitivamente, lo scioglimento della donna da ogni accusa, bocciando il ricorso dei movimenti estremisti islamici, tornati di nuovo sul piede di guerra con poteste e moti di piazza.
Ora, la donna, tenuta da allora in custodia dalle autorità, in attesa di un accordo di asilo con un paese terzo, ha ritrovato la libertà e i suoi familiari, grazie all’appello raccolto dal Primo ministro canadese, Justin Trudeau, che da subito si era detto disposto a intraprendere una trattativa al riguardo con il governo di Islamabad per favorire il ricongiungimento della donna con i suoi cari.
E gioia mista a un velo di tristezza sono i sentimenti con i quali la comunità cristiana in Pakistan ha accolto la notizia della partenza della donna, secondo quanto riferito all’agenzia Fides dal vescovo della diocesi di Hyderabad, Samson Shukardin, suo rappresentante, che ha detto: “Quella del Governo di lasciarla andare fuori dal Paese è una decisione importante. E’ anche un atto di giustizia verso la donna che ha subito una forte ingiustizia e sofferenza per un decennio. Infatti, Asia è stata dichiarata innocente e liberata dalla Corte Suprema del Pakistan e ha tutto il diritto di andare ovunque voglia, per la sua protezione, sicurezza e vita futura. Non è mai facile lasciare la propria amata patria , il luogo dei propri antenati, dei propri cari e parenti. Ma quando non ci sono alternative, bisogna lasciare il Paese: infatti qui la sua vita sarebbe stata in pericolo anche dopo la decisione della Corte Suprema. Bisogna pensare alla sicurezza di Asia Bibi, auspicando per lei una vita sicura e felice. Preghiamo per il suo nuovo inizio, con la sua famiglia, in Canada”.
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